Destini in fiamme (Le Bazar de la Charité): su Netflix, le supereroine di fine 800

Il 4 maggio 1897, 125 persone muoiono, e oltre 250 rimangono ferite, molte in modo grave, nell’incendio del Bazar de la Charité a Parigi, nell’VIII Arrondissement (sul sito del Memoriale, c’è l’elenco di tutte le vittime). Si tratta per lo più di donne appartenenti all’aristocrazia (tra loro anche sua altezza Sophie-Charlotte, sorella dell’imperatrice Sissi e moglie del duca d’Alençon) o all’alta borghesia che si erano recate al Bazar con le loro domestiche per una vendita di beneficenza. Questa istituzione parigina, fondata nel 1885, dall’alta società cattolica ogni anno raccoglieva fondi per i bisognosi fornendo alle varie associazioni caritatevoli un banchetto dove vendere oggetti. Si trattava di uno degli eventi mondani per eccellenza e quell’anno si era ritagliato uno spazio anche per la grande invenzione dei fratelli Lumière, il cinematografo, ma senza prendere in considerazione nessuna condizione minima di sicurezza. Prende spunto da questo fatto di cronaca la miniserie Le Bazar de la Charité, disponibile su Netflix, scritta da Catherine Ramberg e Karin Spreuzkouski e diretta da Alexandre Laurent, che in Francia ha superato i 7 milioni di spettatori su TF1 (oltre 8 milioni con le visioni in streaming della rete) diventando la più popolare degli ultimi quattro anni. Un successo per nulla scontato trattandosi di una serie storica.

 

 

La miniserie incrocia i destini di tre donne: le aristocratiche Adrienne de Lenverpré (Audrey Fleurot), sua nipote Alice De Jeansin (Camille Lou) e la cameriera di quest’ultima, Rose Rivière (Julie de Bona). Adrienne è sposata con Marc-Antoine de Lenverpré (Gilbert Melki), un politico senza scrupoli che punta alla presidenza del Senato per poi arrivare a quella della Repubblica, un uomo violento e manipolatore, capace di tutto, un reazionario circondato da un gruppo di sgherri, gli Apache. Alice è, invece, fidanzata con Julien de la Ferté (Théo Fernandez) e il padre (Antoine Duléry) vede nel loro matrimonio l’unica possibilità di salvare la sua famiglia dal fallimento a causa di una serie di investimenti sbagliati. Rose è sposata con Jean (Aurélien Wiik), il cocchiere di casa Jeansin, che ripone le sue aspettative di cambiamento nei biglietti della nave che porterà lui e Rose in America di lì a due settimane. Le loro vite vengono rimesse in discussione dall’incendio che si propaga e nel giro di mezz’ora distrugge tutto. Ciò che maggiormente colpì all’epoca, e fu il motivo per cui i giornali parlarono a lungo dell’incendio, fu che la maggior parte delle vittime erano donne (sono 6 gli uomini che morirono) e questo fece dedurre, come anche si vede nella serie, che i nobili si comportarono da vigliacchi, pensando solo a mettersi in salvo. Dalle successive testimonianze emersero accuse, e conseguenti sfide a duello, a nobili che avrebbero usato il loro bastone per farsi strada, colpendo e calpestando i corpi a terra delle donne, anche se l’isteria collettiva riguardò tutti. La parte dell’eroe spetta, quindi, al bell’anarchico che arriva dai bassifondi Victor Minville (Victor Meutelet), perfetto capro espiatorio per chi vuole cavalcare la pista dell’attentato, ma anche la stampa, con il giornalista Hugues Chaville (François-David Cardonnel), gioca un ruolo fondamentale nel fare chiarezza nonostante le pressioni dei notabili, così come le indagini condotte da Célestin Hennion (Stéphane Guillon) della Sûreté Générale, personaggio realmente esistito e considerato come uno dei pionieri della polizia moderna.

 

 

Tra finte morti, sostituzioni di identità, vecchie madri (l’inquietante Madame Huchon, interpretata da Josiane Balasko) disposte a tutto per non vedere dissolto il proprio patrimonio in un’epoca in cui mariti scriteriati disponevano in toto delle ricche mogli, Le Bazar de la Carità è una serie molto accurata nella ricostruzione di ambienti e costumi, girata in larga parte in esterni, sulle rive della Senna, sull’isola Saint-Louis e nel parco Monceau, con oltre 3000 comparse. Il suo successo è da ricercarsi nell’attualità degli argomenti trattati: pur con i meccanismi classici del feuilleton che catturano lo spettatore, parla di scontro di classi, della ricerca di un colpevole a tutti i costi, ma anche di rivendicazioni femministe e mette al centro tre donne che di fatto sono delle supereroine anche per l’iconografia con cui vengono presentate. Adrienne è “l’incappucciata”, una sorta di vendicatrice che si aggira come un’ombra tra le vie di Parigi, con un cappuccio nero che copre la sua rossa chioma; Rose è “la velata” o “la mascherata”, costretta dagli eventi a coprire il proprio volto deturpato, apparentemente fragile, ma determinata e pronta a tutto per salvaguardare il suo amore; infine la bella Alice è “la dama bianca”, quasi la versione ottocentesca di Galadriel, che indomita si aggira con il suo cavallo nero nel Bois de Boulogne o per le vie di Parigi battendosi perché giustizia sia fatta. Girl Power!