A metà tra il reality show e il talent, la miniserie Dietro la prossima curva – titolo che non ha nulla a che vedere con l’originale, El día menos pensado (che si potrebbe tradurre come “Il giorno in cui meno te lo aspetti” che fa invece riferimento all’aleatorietà di uno sport in cui entrano in gioco mille variabili) – sfrutta bene i meccanismi di entrambi, in particolare le anticipazioni delle puntate successive e la ripetizione di frasi nei momenti salienti, per agganciare lo spettatore. Sei puntate per un totale di oltre tre ore di documentario con le voci dei protagonisti, leader e gregari, ma anche i tecnici, i direttori sportivi (l’incontenibile Chente García Acosta, José Luis Arrieta, Pablo Lastras e l’italiano, naturalizzato britannico, Maximilian Sciandri), Eusebio Unzué, il General Manager dalla prima ora nelle fila di Movistar Team, la squadra più longeva – proprio quest’anno festeggia i quarant’anni di attività – e più premiata al mondo (quella di Miguel Indurain che vinse cinque Tour de France e due Giri d’Italia, per intenderci).
Diretta dal giornalista José Larraza e da Marc Pons, la miniserie è stata girata in otto mesi tra Europa e America del Sud, paese di origine di alcuni ciclisti che lì si allenano, e comincia con la presentazione dei protagonisti: Alejandro “Bala” Valverde, campione iridato (a tutt’oggi è il ciclista che ha conseguito più vittorie per la Movistar, ben 104, seguito da Indurain con 97) alle prese con la maledizione che tale maglia comporta, a 39 anni è sempre lui quello che «toglie le castagne dal fuoco», il solitario e introverso Nairo Quintana, soprannominato “Nairoman”, colombiano, in competizione al Tour con il murciano Mikel Landa – si sa che due leader nella stessa squadra fanno scintille – e l’ecuadoriano Richard Carapaz anche lui in sfida con Landa al Giro.
Si parte proprio dal Giro d’Italia, disputatosi tra l’11 maggio e il 2 giugno 2019, per passare al Tour de France, dal 6 al 28 luglio, e chiudere sulla Vuelta a España, tenutasi dal 24 agosto al 15 settembre. Si entra nelle dinamiche della squadra, assistendo alle riunioni sul bus, si vedono da vicino le strategie messe in atto, si cena e si fa colazione con loro, si va nelle camere di albergo che alla bisogna diventano sala massaggio, ci si allena e si gareggia con con i campioni che, a turno, in una sorta di “confessionale”, confidano speranze, sogni, delusioni per le scelte fatte dalla squadra, si lasciano andare a commenti più o meno benevoli sui compagni… Un’occasione unica per conoscere i meccanismi che regolano una squadra di ciclismo professionista in un’annata non semplice sotto tanti punti di vista (numerosi i conflitti, le tensioni e le polemiche all’interno della squadra). Come ha dichiarato Eusebio Unzué su navarra.com in occasione della diffusione della miniserie: «Non eravamo abituati a convivere con le videocamere», c’è stato un grande sforzo da parte di tutti «per trasmettere alla gente ciò che normalmente non si vede. I nostri pregi, ma anche gli errori, e al di sopra di tutto il sacrificio e la restituzione che sempre teniamo in massimo conto in questo sport». Ammirevoli i direttori sportivi che si sgolano al microfono sulle ammiraglie incitando i chavales (i ragazzi, ma come non pensare ai cavalieri che, verrebbe da dire, fecero l’impresa?) “a correre fino alla morte” o arrabbiandosi con chi non segue le indicazioni ma pensa di fare di testa sua (celebre il gesto di stizza di Marc Soler sulla crono di 36 km a Pau che contesta la decisione arrivatagli via radio di fermarsi ad aspettare Quintana. Seguirono pubbliche scuse in conferenza stampa).
Marco Pantani diceva che amava il ciclismo perché «non è uno sport qualunque. Nel ciclismo non perde mai nessuno, tutti vincono nel loro piccolo, chi si migliora, chi ha scoperto di poter scalare una vetta in meno tempo dell’anno precedente, chi piange per essere arrivato in cima, chi ride per una battuta del suo compagno di allenamento, chi non è mai stanco, chi stringe i denti, chi non molla, chi non si perde d’animo, chi non si sente mai solo. Tutti siamo una famiglia, nessuno verrà mai dimenticato». Dietro la prossima curva ci ricorda tutto questo.