Il crimine è un lavoro di finezza: l’arte della precisione nella scrittura di Jill Dawson in Un inutile delitto

La precisione è la cifra di Jill Dawson come autrice. Quella precisione che le permette di costruire trame complesse e articolate che non solo stanno in piedi, il che sarebbe il minimo, ma viaggiano con quel ritmo slow but steady, lento ma costante, che avanza piano ma avanza e mai e poi mai ti farà venir voglia di mollare il libro a metà. La stessa precisione che porta il lettore all’interno di thriller che rifuggono il brivido a buon mercato oppure il colpo di scena facilotto pur senza dar niente per scontato, meno che mai la direzione da cui arriva il pericolo, che c’è ma che si prende tutto il tempo per manifestarsi, senza fretta, e ti ci trovi davanti in momenti e direzioni inaspettate, come niente affatto banale è l’epilogo, o i punti che vanno a costruire la narrazione. Jill Dawson è un’autrice con un profondo controllo, in grado di mettere in scena personaggi profondamente caratterizzati, e di trovare tanto spazio per raccontarli, senza per questo rallentare oltremodo il passo di una trama che, d’altronde, si svolge tranquillamente senza andare di fretta. Ma quello che rende Jill Dawson un’autrice profondamente precisa è la capacità di trattare le tematiche più disparate evitando elegantemente il rischio, fisiologico in casi come questo, di attaccare un insopportabile predicozzo, restando al contrario nei binari della letteratura thriller che mantiene una tensione sottile ma in crescendo. Così come nel suo Il talento del crimine (Carbonio Editore, 2018) riusciva a trattare argomenti come l’omosessualità e la dignità dei generi letterari senza mai uscire dal seminato e senza perdersi in digressioni, nel suo ultimo libro tradotto in Italia, Un inutile delitto (Carbonio Editore, pag.297, euro 17), Dawson riprende un caso che scosse il Regno Unito negli anni ’70, il delitto Rivett, per scavare a fondo nella parte più retrograda e classista della società inglese.

 

 

Richard John Bingham, settimo conte di Lucan, nel novembre del 1974 ha ucciso a bastonate Sandra Rivett, la bambinaia dei suoi figli, scambiandola per la moglie. Da allora, il nobile è sparito senza lasciare traccia e, dal 2016, è ufficialmente ritenuto morto. Un inutile delitto, dedicato alla stessa Sandra Rivett, racconta una storia chiaramente ispirata alla vicenda con il fine di rendere giustizia alla ragazza che, pur essendo la vittima, ha visto il suo destino tragico svilito da un’opinione pubblica più interessata agli scandali della vita di Bingham che a una bambinaia di campagna percossa a morte. Un atto d’amore e di giustizia, quello di Dawson, che non abbandona mai la sua precisione e la sua finezza raccontando una storia che restituisce la voce alla vittima riportandola al centro della vicenda sia approfondendone con cura la psiche, nel renderla uno dei punti di vista principali del libro. Un inutile delitto è una tragedia triste che Jill Dawson usa come una punta di diamante per incidere la superficie della società e riportarne alla luce piaghe che nessuno ha mai realmente voluto disinfettare, perché la precisione le permette questo, di andare a toccare dove ancora può far male.