Rebel Moon 1 – Figlia del fuoco: su Netflix l’universo macchiettistico di Zack Snyder

La pace di un pianeta remoto viene turbata dall’arrivo delle forze armate del nuovo regime intergalattico. Nonostante le sagge considerazioni del capovillaggio (Corey Stoll), l’ottuso di turno (Michiel Huisman), allettato da maggior prosperità, mette la comunità sotto scacco. Ma tra le supermuscolose e i supermuscolosi membri del gruppo si cela una prodigiosa combattente (Sofia Boutella), un tempo schierata tra le fila delle truppe di regime, pronta ora a reclutare una banda di guerrieri e unirsi ai ribelli per creare una resistenza armata in grado di fronteggiare i malvagi e riportare la pace nel villaggio. Il finale getta le basi per l’episodio 2, in uscita sempre su Netflix nell’aprile 2024. E poi un videogioco, un romanzo a fumetti… Minacce o la moltiplicazione del nulla?Da Zack Snyder non ci si aspettava certo una riflessione sui massimi sistemi, ma film come questo non fanno bene al cinema, neanche a quello di puro intrattenimento. Si scomodano l’epica di iconici registi nipponici e saghe stellari di ben altra fattura per descrivere ciò che, di fatto, non è altro che un’accozzaglia di stilemi triti e ritriti. Un plot banale inserito in un universo scopiazzato animato da personaggi macchiettistici che ripropongono figure campione ormai svuotate di qualsiasi significato: l’Ammiraglio Atticus Noble (Ed Skrein) sfacciatamente ispirato al personaggio di Ralph Fiennes in Schindler’s List (1993), sfoggia frangia a scodella, uniforme in stile S.S. e naturalmente bastone, fallica estensione di una piatta malvagità; Charlie Hunnam nel ruolo di una controfigura di Han Solo; Jena Malone nella versione aracnide della regina Borg, giusto per scomodare un’altra saga spaziale che poco ha a che spartire con il guazzabuglio in esame.

 

 
Non si riscontra neanche il minimo sforzo di alzare un pochino l’asticella, abbracciando magari una rappresentazione femminile che vada oltre ciò che è consentito alle “bellezze guerriere”, o alle “belle e cattive”, così come non ci si preoccupa minimamente di iniettare, seppur nell’ambito dell’entertainment, una goccia di riflessione sulle politiche colonialiste. Non che debba essere fatto per forza. Nel caso del nerboruto cinema di Snyder risulterebbe probabilmente un goffo tentativo di smacchiamento di coscienza. Ma qui manca proprio una coscienza. Eppure, universi come quelli fantascientifici offrono molteplici opportunità, che possono essere trattate con diversi gradienti. Peccato perderle tutte, queste opportunità. Nulla. Ci troviamo di fronte a un montaggio infantile di sequenze lente, condite di flashback soporiferi e dei tipici ralenti del regista americano, che ha trasformato i soldi di Netflix in un’ambiziosa, muscolare e implacabile proiezione di immagini incapaci di coagularsi in una narrazione coinvolgente. Questo film può forse essere apprezzato solo da quelli che hanno travolto di insulti il Barbie di Greta Gerwig, reo di aver sollecitato con intelligente leggerezza i nervi di un sistema tutt’altro che superato e che, anzi, continua ad autoalimentarsi. Anche con prodotti imperdonabili come questo Rebel Moon.