Speciale Porno – Indagine profonda nella pornografia: Hot Girls Wanted e Hot Girls Wanted: Turned On su Netflix

Diretto da Jill Bauer e Ronna Gradus e prodotto da Rashida Jones, il documentario Hot Girls Wanted segue le vite di un gruppo di giovani attrici dell’industria porno amatoriale nell’epoca dei social network. Necessità di fuggire da una provincia senza prospettive, desiderio di guadagnare e diventare indipendenti: Bauer e Gradus adottano un approccio intelligente e rispettoso nell’indagare le ragioni che spingono giovanissime donne, appena maggiorenni, a dirigersi in Florida per debuttare nel porno su invito di un giovane ventitreenne che fornisce loro alloggio e management. Ma è l’ex cheerleader diciannovenne Tressa Silguero su cui si focalizza il principale arco narrativo del film. Dalla sua eccitazione per il debutto in un mondo apparentemente scintillante fino alla sua uscita disillusa, le registe sono riuscite a individuare il prototipo perfetto di ragazza sedotta e, infine, sfruttata da un’industria spietata e del tutto sregolata. Il film fu presentato al Sundance Film Festival nel 2015, ma una visione non strettamente contemporanea ai fatti lascia emergere come le dinamiche testimoniate siano ormai indagate, non inducendo allo stesso shock che colpì il pubblico ben sette anni orsono. (In apertura un’immagine tratta da Hot Girls Wanted).

 

Hot Girls Wanted: Turned On

 

Il successo del documentario – che resta tuttora valido materiale di studio sociologico – spinse Netflix nel 2017 a rivolgersi a Jones, Bauer e Gradus per produrre una miniserie in sei episodi sul moderno rapporto tra sesso e tecnologia. Della durata variabile di 40-60 minuti i film si focalizzano su tematiche quanto mai attuali, quali le app di dating e la sistematizzazione della seduzione seguita dal ghosting, il fenomeno delle cam-girls, le pressioni che investono i pornoattori dentro e fuori dal set, il lavaggio del cervello che subiscono le attrici hard trasformate a loro volta in reclutatrici di giovani ingenue, l’ossessione adolescenziale per lo streaming live di ogni aspetto della vita. Particolarmente sconvolgente è l’episodio Continua a riprendere: nel 2016, Marina Lonina, adolescente russa trasferitasi in Ohio con il padre dopo il divorzio dei genitori, trasmette in streaming lo stupro di un’amica su Periscope (applicazione gratuita di video inglobata poi da Twitter Live). Al momento delle riprese si appresta ad affrontare un processo per stupro e l’iscrizione nel registro degli autori di reati sessuali. L’intersezione tra tecnologia, immediatezza del consumo e inconsapevolezza/anestetizzazione alla violenza è quasi troppo preoccupante per essere contemplata, ma il regista Peter LoGreco la indaga senza scadere nel sensazionalismo, creando, dunque, una testimonianza importante.

 

Dalla visione di questa serie non si può che uscire afflitti.

 

 

Unico barlume di positività e di vitale importanza nell’offrire un’alternativa all’immagine degradante, seppur reale, di tanta industria pornografica e del problematico rapporto delle nuove generazioni con il sesso, la violenza sessuale e la rappresentazione di sé, è l’episodio iniziale, Donne al vertice, che accende una luce sulle figure di Holly Randall e Erika Lust. Figlia della prima fotografa donna di Playboy la prima, regista porno rivoluzionaria la seconda, Randall e Lust restituiscono al sesso e alla pornografia una gioiosità sana. Lust in particolare risulta personaggio cruciale nella necessaria liberazione della rappresentazione del piacere femminile rispetto a un’industria il cui target di consumo resta prerogativa maschile e che nell’epoca dell’accessibilità gratuita si fa carico di una portata educativa unilaterale e, pertanto, discriminante della sessualità.