Teoria della classe disagiata e La guerra di tutti: Ventura racconta la generazione del risentimento

Il risentimento è la cifra del presente. Il risentimento, con tutta probabilità, sarà anche la cifra del futuro per le generazioni che stanno assistendo alla rottura completa delle promesse di una vita migliore da parte del sistema. Lo possiamo considerare un dato di fatto: per generazioni di ventenni, trentenni e quarantenni l’ascensore sociale si è definitivamente inchiodato e, piaccia o meno, la vita che li aspetta sarà meno agiata di quella dei loro genitori. Il punto è che nessuno sembra in grado di riprendersi dallo shock, meno che mai pare averne l’intenzione, e vive in uno stato di negazione continua che li porta a vivere come se l’immanenza del declassamento avesse la consistenza impalpabile di qualcosa di molto lontano, come se fosse il problema di qualcun altro. Sono le regole del gioco, peccato che nessuno ce le abbia spiegate in anticipo, e il peggio deve ancora venire. Da qui parte Raffaele Alberto Ventura con il suo dittico di saggi, Teoria della classe disagiata (ed. Minimum Fax, 262 pagine, € 16), nato e cresciuto in rete fino a diventare un vero e proprio cult, e il successivo La guerra di tutti (ed. Minimum Fax, 309 pagine, € 18). Attraverso due saggi consequenziali, da leggere rigorosamente in ordine, Ventura scrive il grande racconto della nostra vita, delle nostre speranze tradite e di come, da esse, la nostra generazione sta prendendo il largo verso veri e propri worst case scenario: dal populismo al razzismo tout court, passando per le più scombinate teorie della cospirazione, è in atto un attacco in massa contro qualsiasi forma di autorevolezza e di gerarchia nell’interpretazione della realtà, una demolizione sistematica che poco o nulla ha della decostruzione dei saperi e della critica ai meccanismi con cui la società trasmette l’informazione, connotandosi piuttosto come la genesi di un’epoca di post verità in cui vale tutto, ogni opinione ha lo stesso peso specifico e si può legittimamente smontare allo stesso modo, senza tener conto di alcuna logica o fondamento, meno che mai se realmente scientifico, nello stabilire le relazioni tra i fatti. La delusione più profonda genera la notte in cui tutte le vacche sono nere, e a quel punto quel che prende piede sono le soluzioni semplici ai problemi complessi, risposte digeribili, deresponsabilizzanti e a loro modo soddisfacenti. Ventura non parla a sproposito. Argomenta e, soprattutto, documenta con lunghe analisi storiche che vanno in profondità, restituendo quell’idea sana di storia come fenomeno complesso i cui eventi si ripercuotono nel tempo influenzando gli anni a venire molto più in là di quanto spesso tendiamo a pensare. Non siamo ai livelli del pessimismo radicale di Bifo o di Mark Fisher, ma l’analisi di Ventura è lucida e concede poco o nulla alla speranza a buon mercato.