Videolog: Singham e Kill: l’azione chiama, Bollywood risponde

Nell’entusiasmo generale che, anche alle nostre latitudini, il cinema asiatico da tempo riesce a suscitare, resta abbastanza controversa la situazione indiana – e Bollywoodiana nello specifico. Se l’action di Hong Kong, il noir coreano, il gangster movie giapponese o l’horror indonesiano sono ormai pedine importanti nel complesso sistema dei generi mondiale, la peculiare miscela di musical e action sfrontato di certo “modello Bollywood” gioca un ruolo un po’ più marginale anche all’interno delle nicchie dei cultori, in modo particolare nel nostro paese dove magari hanno attecchito più che altro le commedie sentimentali (si pensi ai cicli estivi della Rai di qualche anno fa, peraltro con i film abilmente rimontati allo scopo di renderli più “digeribili”). Due importanti e recenti uscite lasciano però presagire un’importante inversione di tendenza e tracciano una significativa mappa temporale che non si limita al “caso” contemporaneo, ma torna indietro anche ai più (comunque recenti) capostipiti del cinema d’azione proveniente dalla penisola centroasiatica.  Realizzato nel 2012 come risposta dell’industria maggiore a un predecessore in lingua tamil, Singham è un titolo seminale per comprendere di cosa parliamo quando citiamo l’action made in Bollywood. In apertura una immagine tratta da Singham.

 

Singham

 
La vicenda vede infatti in azione l’eponimo poliziotto, che tiene a bada i criminali con il pragmatico e un po’ ingenuo buon senso dell’uomo di provincia e i sonori ceffoni della figura di autorità rispetto agli elementi più problematici della sua cittadina. Almeno fino a quando non pesterà i piedi a un boss della grande metropoli, che cercherà di fargliela pagare. Ma al leone (“Singham” appunto) non la si fa e il risultato sarà un tripudio di scene iperboliche, tra pali della luce divelti con le mani, calci e pugni che fanno volare i cattivi e veicoli che roteano in aria in barba a ogni legge di gravità. Se le dinamiche del musical restano il modello fondante di una grandeur spettacolare – si pensi alla coreografica “sigla” dei titoli – il regista Rohit Shetty la applica a tutta la dimensione dell’azione, cercando il movimento plastico più che l’impatto violento, con scene esaltate e “estetizzate” dall’uso intensivo del ralenti, che diventano autentiche descrizioni geometriche del movimento degli oggetti solidi (e dei corpi) nello spazio. Il risultato è tanto straniante quanto affascinante, anche per il contrappunto di un’ironia molto diretta e semplice che contribuisce alla tipizzazione dei caratteri. Shetty amplierà il disegno nei vari sequel e spin-off del cosiddetto “Cop Universe” che schiacceranno sempre più l’acceleratore del budget e delle iperboli, ma la visione è importante anche nell’ottica di un inquadramento più generale con i corrispettivi occidentali: dall’ironia acrobatica delle scazzottate di Bud Spencer & Terence Hill (si pensi a Due superpiedi quasi piatti), fino all’esasperazione iconografica di Michael Bay, il film dialoga costantemente con modelli importati – la scena in cui Singham esce dall’auto in testacoda senza subire effetti inerziali è la stessa con Bruce Willis in Red, di Robert Schwentke – fino ai più recenti exploit di David Leitch o Chad Stahelski. Per questo, mentre trova una sua via personale, il film permette di mappare il desiderio di progressiva liberazione del genere, dove l’epica è il frutto di un intreccio non serioso, ma approfondito di azione, danza e ironia, consapevole che l’emozione è anche divertimento e la tensione e la risata hanno pochi gradi di separazione.

 

 
Rimasto inedito per più di un decennio, Singham fa il suo esordio in Italia nella prima uscita di Legends Collection Pictures, il nuovo marchio indipendente dedicato al cinema asiatico, nato dall’abnegazione di un gruppo di appassionati estraneo al contesto degli editori consolidati, che ha investito di suo pugno e mira a replicare nel nostro paese le dinamiche delle “boutique label” internazionali. Il biglietto da visita è molto esplicito nella sua evidenza: confezione Deluxe limited hardbox slipcase in cartoncino rigido con all’interno poster, cartoline, booklet e lo scanavo con cover reversibile (un modello possibile sono i box inglesi di 88 Films). E poi svariati extra video, con making of, trailer, gallery e una featurette esclusiva realizzata da Eugenio Ercolani con Nanni Cobretti che contestualizza il cinema d’azione di Bollywood. Tutto (film incluso) è in versione sottotitolata in italiano, oltre che in inglese per l’appetibilità internazionale. Un lavoro eccellente per una label che promette di spaziare tra le cinematografie asiatiche, portando in Italia classici e novità. Ben più vicino temporalmente (è del 2023), Kill di Nikhil Nagesh Bhat è invece il film caso degli ultimi anni, un successo che ha travalicato i patri confini ed è in procinto di ottenere pure un remake statunitense – che sarà firmato proprio da Chad Stahelski, a conferma di quanto già evidenziato. Al centro dell’azione c’è ancora un poliziotto, stavolta in viaggio su un treno per impedire alla donna amata di sposare l’uomo sbagliato.

 

Kill

 
Il convoglio viene però assalito da una banda di predoni e nello scontro che si innesca la donna viene uccisa, scatenando la crociata dell’uomo in divisa. Accanto a una messinscena molto più ruvida e attenta alla fisicità e all’utilizzo creativo degli elementi scenici, la dinamica sull’uccidere e sull’uccidersi che si viene a innescare tra gli antagonisti definisce un mondo di conflitti che getta un’ombra chiaroscurale sulle parti in causa, rompendo la dicotomia che troviamo altrimenti in Singham – dove al contrario il tutore della legge è dipinto con un’aura semidivina fin dalla sua iniziale “nascita” dalle acque. Nikhil Nagesh Bhat riesce così a tenere insieme la pura godibilità dell’action con una tematica molto più pregnante, che si fa paradigma della transizione fra i generi (il melodramma un po’ fiabesco che sconfina nel thriller) e nella visione sociologica sulla sostanza del male, in grado di interrogare il pubblico smanioso di sensazioni forti, lasciandolo sospeso sul giudizio finale. L’edizione italiana è curata da Blue Swan, che ha distribuito il film nei classici formati Blu-Ray Disc e DVD. Edizioni in questo caso più essenziali, ma comunque corredate di varie interviste ai realizzatori e card da collezione. In questo caso il film è presentato anche in versione doppiata, accanto a quella originale.