Quando si dice la nemesi. L’Ungheria, sostenuta a Monaco da una curva vestita di nero, razzista e omofoba, l’ha spedita a casa Leon Goretzka che ha segnato la rete del 2 a 2. Un calciatore di origine polacca, con un padre che era operaio alla Opel di Bochum, un presente nel Bayern e la voglia di impegnarsi nel sociale e contrastare l’ascesa dell’estrema destra (“Afd, più che un’alternativa è una vergogna per la Germania”). Prima delle ultime amministrative si è fatto fotografare con una bandiera che diceva: “Niente calcio per i fascisti”. Per altro lo stesso slogan che è comparso sulle maglie del St Pauli, club di Amburgo di seconda divisione, nell’ultima giornata di campionato. La presa di posizione ha dato assai fastidio a una parte della stampa sportiva italiana:”…calciatori miliardari diventano gli idoli dei radical chic. I calciatori, ancora una volta, decidono di esporsi schierandosi nella vetrina politica del Pensiero Unico..” ha sentenziato Paolo Bargiggia di Mediaset, sodale di casapound. Impressionante la carica simbolica della partita di ieri. Dopo le polemiche legate alla legge che limita i diritti Lgbti nel suo Paese, il premier ungherese Viktor Orban è rimasto a casa. L’Uefa ha vietato all’Allianz Arena di colorarsi di arcobaleno (poi, travolta dalle polemiche, lo ha fatto con il proprio logo). Come reazione Monaco ha deciso di proiettare quei colori sulle facciate di alcuni edifici istituzionali come il municipio e l’Olympiaturm, la Torre Olimpica alta 291 metri. La protesta è dilagata anche nel resto della Germania, dove 46 stadi, sono stati illuminati con la bandiera arcobaleno. Infine, allo stadio, circa undicimila tedeschi avevano le bandiere arcobaleno oltre a quelle tedesche.
Come “risposta” gli ungheresi guidati dalla Brigata dei Carpazi hanno cantato: “Germania omossessuale”, soprattutto durante l’inno tedesco. Quando hanno avuto Neuer nei paraggi lo hanno coperto di insulti, e il portierone ha passato 45′ a voltarsi e a indicare la fascia arcobaleno da capitano. Uguale alla bandiera che un invasore solitario ha sventolato sotto il naso dei giocatori ungheresi mentre cantavano l’inno. In questa situazione si è giocata una partita che per la Germania si è trasformata in una montagna da scalare. Svagata in difesa al limite dell’autolesionismo la Mannschaft ha regalato due reti ai magiari. Errori che poteva rivelarsi fatali perché gli ungheresi, guidati dall’italiano Marco Rossi, giocano un catenaccio dinamico (se così si può dire), tutti sotto la linea della palla, pronti a raddoppiare e triplicare le marcature. Al minuto 86 Goretzka ha sfondato il muro ungherese e poi ha organizzato un’esultanza arcobaleno nei pressi della curva magiara. Pericolo scampato, non vedremo più Orban e i brigatisti dei Carpazi in giro per gli stadi d’Europa.