Midnight in Paris 2024 – Thomas Ceccon nella storia, per Filippo Macchi un argento amaro

Grand Palais: i campi di badminton

Ah, la malediziooooone! Rigoletto si accascia disperato, cala il sipario e il pubblico, solitamente, applaude entusiasta. Le ultime parole della celeberrima opera di Giuseppe Verdi sono le prime a cui ho pensato dopo la (contestatissima, ne parleremo) sconfitta di Filippo Macchi nella finale del fioretto. Perché il 15-14 che ha permesso al portacolori di Hong Kong Ka Long Cheung di conquistare l’oro, è lo stesso risultato con il quale erano stati in precedenza eliminati Tommaso Marini, dal francese Pauty al secondo turno e Guillaume Bianchi nei quarti per mano dello statunitense Itkin, che poi verrà battuto da Macchi in semifinale. Senza dimenticare che domenica anche la fiorettista Arianna Errigo era prematuramente uscita di scena sempre all’ultima stoccata. E se questo verdetto aveva creato malumori (eufemismo) nel clan azzurro, quello di lunedì sera ha determinato addirittura un ricorso formale della Federscherma, oltre che parole durissime dell’allenatore Stefano Cerioni: “In tutta la mia carriera, prima in pedana e poi come allenatore, non avevo mai visto un arbitro compiere tre errori consecutivi. Non voglio pensare alla malafede: forse sono nervosi anche loro, se non incompetenti. Tutti i tecnici che ho incontrato hanno ribadito che è stato un verdetto incredibile. Cosa ho detto agli arbitri? Che è stato un furto, hanno deciso loro chi doveva vincere l’Olimpiade. Filippo ha tirato meravigliosamente per tutta la giornata, finale compresa:  il vincitore morale è lui”. La sfida decisiva ha visto Cheung partire meglio e il pisano di Pontedera rientrare prontamente. Il campione uscente, che a Tokyo aveva piegato in finale Daniele Garozzo, vincitore a Rio di quello che resta il quarantanovesimo e ultimo oro della scherma azzurra a cinque cerchi, ha nuovamente allungato sul 10-7, venendo però agguantato da Macchi, che poi si è portato sul 14-12 per essere a sua volta raggiunto. Davanti a un pubblico entusiasta, tutto in piedi e chiaramente schierato dalla parte di Filippò, il primo assalto, visto e rivisto dagli arbitri, non ha assegnato la stoccata, per la disperazione di Macchi e Cerioni, sicuri di aver vinto. Idem il secondo (stessa anche la reazione azzurra) mentre il terzo, dopo una nuova sosta in moviola, ha visto gli arbitri pronunciarsi a favore dell’asiatico. (In apertura il Grand Palais. Le immagini sono di Franco Bassini).

 


 
Il finale thriller e le successive contestazioni rischiano di oscurare – almeno mediaticamente – l’oro conquistato da Thomas Ceccon nei 100 dorso, nuotati in un eccellente 52’’00 (in questi giorni si sprecano le considerazioni sui tempi relativamente lenti di questa olimpiade e par di capire che la “colpa” sia della piscina troppo bassa, 220 centimetri). Il ventitreenne vicentino ha staccato di 32 centesimi il cinese Xu e di 39 lo statunitense Murphy., passando in testa a metà della seconda vasca, dopo aver virato in  terza posizione. “Ho realizzato il sogno della mia vita – ha commentato – grazie a una prestazione che avevo preparato nei minimi dettagli”. Salgono così a sei i nuotatori azzurri capaci di imporsi alle Olimpiadi, e a due gli ori dell’Italia, entrambi conquistati in piscina. Stai a vedere che il mio collega e coinquilino che fantastica di un nuoto in grado di emulare l’atletica di Tokyo (cinque successi) finirà per avere ragione? Quarto posto invece per Benedetta Pilato nei 100 rana, a un solo centesimo dal bronzo.

 

 
La mia giornata conclusa come le due precedenti al Grand Palais, era iniziata nell’impianto che ospita il torneo di badminton, dove il Giovanni Toti che può uscire di casa, dopo essersi segnalato come il primo italiano a qualificarsi per i Giochi, è in un colpo solo diventato il primo a vincere un set e un incontro, come non era riuscito alla Allegrini a Pechino e a Londra e alla Cicognini a Rio. Il ventitreenne bresciano di Chiari ha superato Soren Opti del Suriname, che si è ritirato per infortunio sul 21-8 e 4-1 per l’azzurro, che mercoledì cercherà l’impresa che varrebbe l’accesso ai quarti di finale contro il cinese campione del mondo Shin Yu Qui.  Per passare dal volano (spero di non offendere nessuno, a partire da Toti, persona più che gradevole) al tennis, qui a Parigi bastano due metro. E che tennis: Djokovic contro Nadal, 46 slam in totale, 24 il serbo e 22 il maiorchino, 14 dei quali conquistati proprio sulla terra rossa del Roland Garros. Così, pur trattandosi di un incontro valido per il secondo turno, il Philippe Chatrier era stracolmo oltre che in gran parte schierato dalla parte dello spagnolo, il quale, dopo aver incassato un secco 6-1 ed essere finito sotto 4-0 nel secondo set, è riuscito a riaprire la contesa, aggiudicandosi quattro giochi consecutivi per poi perdere con un più onorevole 6-4. Abbiamo detto dei 46 slam in due, ma non possiamo dimenticare i 75 anni in coppia, anche se il serbo, più giovane di quasi 12 mesi, è ancora il numero 2 al mondo e la prima testa di serie, in virtù del forfait di Sinner. Oltre che il sessantesimo confronto (Nole conduce ora 31-29) il match potrebbe essere stato una sorta di anticipo di una sfida tra vecchia glorie, sicchè la prossima volta dopo di loro magari scenderanno in campo Borg e McEnroe. Sono irriverente e irriguardoso? Temo di sì. Ma è un classico di chi diventa vecchio (e senza gloria).