Al Vittoriale LP, la nuova regina dell’indie pop

Grintosa su disco, irresistibile dal vivo. La voce di LP è un portento: piena di ruggine ma calda, potente e controllata, pronta al graffio e alla carezza, con un registro da contralto che arpiona le note più alte e si abbassa senza fatica. Così manda in estasi il Vittoriale, mantenendo fede alle aspettative spasmodiche che si erano create intorno al suo show. Era il concerto più atteso dell’estate gardesana: lo dicono le code infinite e le liste sospese, i volti speranzosi in un biglietto all’ultimo momento visti a Gardone; e pure i numeri precedenti, con l’Angiteatro easurito in due giorni di prevendita, l’overbooking, i posti in piedi bruciati già a marzo e le richieste giornaliere per un angolo al chiaro di luna. Il pubblico avrebbe riempito altre quattro o cinque volte gli spazi dannunziani, ma certi eventi sono più belli se unici. Preceduta dai bresciani Oregon Trees (ottimi), LP – acronimo artistico di Laura Pergolizzi, con la madre di origini napoletane, cantante lirica, e il papà di stirpe sicula appassionato di rock’n’roll, a garantire il giusto imprinting musicale) – si presenta sulle atmosfere limacciose e blues di Muddy Waters, che indirettamente (il testo si riferisce in realtà ad “acque torbide”) richiama pure un grande della “musica del diavolo”. Poi il clima si fa meno dark, LP sostituisce il tamburello con la chitarra e l’armonica: ma l’attitudine resta rock, virata in soul (Strange e Up Against Me), in pop (Tightrope) e in folk, come in Other People, uno dei brani più noti di Lost In You, l’album della svolta di una carriera decollata nel 2016.

 

Canta della vita come è e non come gli altri vorrebbero che fosse, LP, di amori difficili o finiti, con
vena sincera. Switchblade è una ballad struggente, non ancora incisa su disco, eppure
immancabile nei suoi live: la esegue suonando l’ukulele e con l’ulteriore accompagnamento di una
chitarra mentre il pubblico urla e applaude a scena aperta. Le pagine più leggere sono invece
legate a Death Valley, Levitator e You Want It All: ricordano le sonorità psichedeliche di 4
Non Blondes, stravagante meteora anni ’90. Non mancano No Witness, Into The Wild, quindi Lost On You, la hit più nota; e ci sono un paio di incursioni in platea, la folla che si apre come fecero le acque del Mar Rosso con Mosè. Le tracce di Forever For Now, disco passato quasi inosservato nel 2014, fanno capire che è lavoro da recuperare. In particolare la title-track (scritta con Isabella Summers di Florence and the Machine) è una ballata di lacerante bellezza in cui LP sfodera un fischio armonico che fa concorrenza per nitore e tenuta a quello del mitico Alessandro Alessandroni nelle colonne sonore western firmate Morricone. Non sarà forse innovativa, ma certo è spettacolare ed empatica, LP. È arrivata in alto, facile pensare che ci resterà.