Aleksandr Sokurov: GO.GO.GO
 ovvero uomini e topi

La storia e il potere sono centrali nel cinema di Aleksandr Sokurov e non potevano non esserlo anche nello spettacolo con cui, a sessantacinque anni, debutta a teatro. Lo fa partendo da Marmi, unica opera teatrale del poeta russo Josif Brodskij, perseguitato in epoca Breznev per aver contrastato il sistema totalitario dell’Urss, espulso dal suo Paese e insignito del premio Nobel per la letteratura nell’87 (anno anche della sua morte). In GO.GO.GO, spettacolo prodotto dal CRT Teatro dell’Arte, dove è in scena fino al 30 ottobre dopo una suggestiva anteprima al Teatro Olimpico di Vicenza, Sokurov riscrive e adatta per il pubblico italiano l’opera di partenza, aggiungendo anche alcune poesie di Brodskij.

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Il sipario si apre nella piazza di una non meglio precisata città italiana dove è esposta la statua di una santa e dove gli astanti attendono la proiezione di Roma di Federico Fellini. Per l’occasione è presente anche il grande regista riminese e arriva, in ritardo, Anna Magnani (interpretata, fino al 21 ottobre da Olivia Magnani, nipote di Anna nonché protagonista di Le conseguenze dell’amore, e per le repliche successive da Karina Arutyunyan). Lì si aggira lo stesso Brodskij (Elia Schilton) che si esprime talvolta in inglese, essendo ormai naturalizzato americano, msokurov_gogogo_4a che finirà con il declamare una poesia nella sua lingua madre. Quando la proiezione comincia sono Tullio (Max Malatesta) e Publio (Michelangelo Dalisi), due ratti dalle sembianze umane e dalla doppia faccia, a prendere il sopravvento e, partendo dalle immagini sullo schermo, a discutere e commentare le umane vicende. Il loro discorso recupera la storia antica (con i riferimenti a Cesare e Tiberio) e il presente («Non è l’uomo ad aver conquistato lo spazio, è lo spazio che divora l’uomo»), sempre con una forte critica al consumismo sfrenato che caratterizza uomini e topi: questi ultimi hanno divorato pellicole, classici della letteratura e tutto quello che capita a portata di denti, ma sono comunque «più onesti» degli uomini, accusati di tendere «a divorare il loro prossimo». C’è spazio per tutto: illusioni, rimpianti, occasioni mancate, speranze, errori… Ne fuoriesce il ritratto di un’umanità allo sbando che non si sa dove sia diretta (da qui la domanda ribadita in più occasioni nel corso dello spettacolo che si rifà direttamente al titolo). I topi faranno la fine che è loro predestinata, ma lo spettacolo si chiude su una nota di speranza.

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Ancora una volta Sokurov sembra dire che il tempo e lo spazio non sono importanti, per questo crea un luogo onirico, circondato dalla nebbia, dove si incontrano vivi e morti, animali e uomini. Nemmeno il tempo è reale: l’abbigliamento delle comparse e la presenza di soldati americani farebbero pensare al periodo subito dopo la Liberazione, ma il film di Fellini è del 1972, così come l’espulsione di Brodskij dall’Unione Sovietica. Non convincono del tutto la scelta di rendere i personaggi reali in maniera mimetica e l’immagine di un’Italia un po’ stereotipata e vetusta. Nemmeno l’unione di registri sonori disparati che creano varie tracce che si sovrappongono e confondono, caratteristica dello stile di Sokurov, risulta di facile fruizione a teatro. Rimangono invece impresse le molte suggestioni visive e il ritmo ondivago e onirico che ci trasporta in una realtà altra pur parlando anche del nostro presente.

 

Tutte le foto sono di Gianluca Di Ioia

 

Milano            CRT – Teatro dell’Arte          fino al 30 ottobre

Pordenone     Teatro Verdi                          3-4 novembre

www.triennale.org