La chitarra fatta urlare, lanciata su traiettorie impossibili, puro blues con sopra profondi colori rock, una musica emancipata, affidata all’istinto. Dal vivo Kenny Wayne Shepherd mostra il suo vero volto. Da un po’ di tempo tutti i suoi concerti li chiude con Woodoo Child: sceglie l’occhio del ciclone, il salto nel furore, non per emulare Hendrix, il più grande di tutti (chi lo ha fatto è scivolato nel ridicolo), ma per riaffermare la forza della musica, con la libertà di prendersi 15 minuti e 22′ per consegnare alla platea una versione che non soffre di inganni o furbizie ma mostra la liberazione della pura energia, il doveroso (e commosso) omaggio alle radici. Negli ultimi trent’anni Kenny Wayne Shepherd è divenuto un punto riferimento della scena blues-rock americana. Il chitarrista autodidatta di Shreveport (Louisiana), ha fatto una cosa semplice e geniale: ha rivitalizzato il blues infondendogli una sensibilità rock moderna e dal vivo questa scelta emerge in modo cristallino. La Kenny Wayne Shepherd Band ha chiuso il suo tour europeo, con un unico concerto italiano sul palco di Tener-a-mente a Gardone Riviera. Il tono della serata è stato subito messo in chiaro da Woman Like You (dall’album The Traveler, del 2019), canzone d’apertura che ha annunciato una notte fra blues grintoso, puntuali riff rock e appaganti derive melodiche. E ha pure certificato che la scaletta sarebbe stato un viaggio attraverso l’ampia produzione della band che conta 14 album (compresi 2 live).

Il cuore emotivo della setlist è rappresentato da While We Cry, grande pezzo, che si fa strada grazie alla sua potente carica emozionale, alimentata da un magistrale incedere della chitarra di Shepherd. Il brano è strumentale, di una bellezza lancinante e ogni nota è impegnata a narrare una storia di dolore e resilienza. Non poteva mancare Blue On Black, il classico che lo ha portato in classifica, venendo a patti col mainstream, senza perdere nulla della sua integrità blues. La band è una macchina ben oliata, pronta a seguirlo ovunque. Hanno mantenuto un apparente basso profilo il bassista Kevin McMormick e il disinvolto Joe Krown alle tastiere, mentre il leggendario batterista Chris Layton (già con Stevie Ray Vaughan) ha fatto il suo lavoro con molta tranquillità, consapevolezza e non si è imposto con inutili assoli di batteria…Un capitolo a parte merita il cantante Noah Hunt che, fin dal suo ingresso nella band nel 1997, si è distinto per presenza scenica e potenza vocale. Dal suo primo lavoro Ledbetter Heights, che quest’anno compie 30 anni, sono state presentate canzoni iconiche come Deja Voodoo e Shame, Shame, Shame. Kenny Wayne Shepherd ha confermato che nel prossimo tour (che toccherà anche l’Italia) ha intenzione di riproporre l’album per intero. Operazione proposta con grande successo un paio d’anni fa con Trouble Is. Ci sono molti chitarristi che sanno suonare in modo eccezionale, ma pochissimi sono quelli che hanno uno stile distintivo. Kenny Wayne Shepherd sposa autenticità e abilità tecnica, rende l’ascolto assolutamente avvincente. Il suo modo di suonare appare come un’estensione della sua personalità, ci racconta da dove viene, con chi ha suonato: «Viene tutto dal blues. sento solo che c’è una bellezza nella sua semplicità, è anche la radice di tutta la musica popolare. Voglio dire, se si traccia l’albero genealogico della musica, si può guardare a ciò che è popolare oggi ma non si può tralasciare ciò che è venuto prima. Se si ripercorre tutto a ritroso, inevitabilmente si ritrova la strada verso il blues».



