Alberto Ostini: La cautela dei cristalli, una storia sul destino e il senso di sé

Alanis e Jordan, rispettivamente di 16 e 17 anni, sono due anime tormentate che si trovano di fronte a un bivio: lui, unico sopravvissuto a un incidente stradale in cui ha perso entrambi i genitori, è sotto la tutela dello zio William che lo costringe a frequentare un prestigioso college che forma la futura classe dirigente del Paese, e tarpa le ali alle sue velleità artistiche; lei, tanto bella quanto misteriosa, deve trovare la sua strada. Quando si incontrano, inevitabilmente si innamorano… La cautela dei cristalli di Alberto Ostini (soggetto e sceneggiatura) e Anna Lazzarini (disegni), suddiviso in 12 capitoli dai titoli evocativi (Intrecci, Luce, Schermaglie, Dio, Desiderio, Lutti, Nuvola, Epifania, 289, Asteroidi, Invisibili, Hanatsu) non è solo la storia di un amore adolescenziale, ma allarga il discorso «alla questione del destino e al senso di sé nel mondo», rivelandosi di fatto un romanzo in immagini (Sergio Bonelli Editore, pp. 348, €17) estremamente intrigante che si rivolge a un pubblico eterogeneo. Vanta una qualità letteraria elevata e per nulla scontata, tavole suggestive e riesce a mantenere una tensione costante che porta a leggerlo tutto d’un fiato. Una scommessa per la casa editrice di fumetti che ha puntato su qualcosa di completamente inedito per i suoi standard dimostrando grande acume nel tentare nuove strade. Ne abbiamo parlato con Alberto Ostini.

 

 

Possiamo dire che La cautela dei cristalli è una storia d’amore che è anche racconto di formazione per i due protagonisti?

Assolutamente sì, è una storia in cui attraverso la loro relazione entrambi riescono a superare una frattura che hanno. Sono due fratture molto diverse, ma dal loro stare assieme imparano a uscirne, in due modi differenti. Aggiungerei che è anche una riflessione in stile kieslowskiano sul fato e sul destino, su come un piccolo dettaglio di una notte apparentemente insignificante può cambiare radicalmente la vita di due persone.

 

A proposito di riferimenti cinematografici, ho trovato rimandi a The Truman Show (nel capitolo “Dio”, Cristopher che si chiama come Christof), Shining (Mumiah, il personaggio in sidecar mi ha ricordato lo chef Dick Halloran), Il corvo (per il look di Alanis)… Quanto il cinema è importante nel tuo lavoro?

Tantissimo data la mia formazione (Ostini è laureato in filosofia con una tesi sul cinema di Nanni Moretti, ndr), ma penso più in termini di costruzione dell’immaginario e di atmosfere che non per quanto riguarda riferimenti specifici. Naturalmente tutta la dimensione metafisica e spirituale è cercata però, pur avendo rivisto non molto tempo fa The Truman Show, ti confesso che non ci avevo pensato. Alanis è più un archetipo, per la quale i lettori di fumetti hanno citato Death, personaggio di Neil Gaiman a cui assomiglia molto fisicamente e come look. Cristopher è un mentore, adesso che ne parliamo, è un po’ come il professore interpretato da Robin Williams in L’attimo fuggente, ha la stessa funzione maieutica. Devo dire che non mi viene in mente un elemento identificativo di un film presente in questa graphic novel. Sono sicuramente più le suggestioni e gli archetipi…

 

 

Come hai lavorato con Anna Lazzarini? 

La modalità è molto collaborativa nel senso che si individua il tono di una scena, lo sceneggiatore è come se fosse il regista e il disegnatore è il direttore della fotografia, quindi insieme si stabilisce il mood e la scansione ritmica della scena in vignette. Chiaramente tutto il lavoro sulle inquadrature e soprattutto sulle luci, le ombre, i bianchi e i neri è compito della disegnatrice.

 

E i numerosi dettagli disseminati qua e là?

Si tratta di un’indicazione di tipo registico, quindi più mia, per sottolineare qualcosa di molto importante dal punto di vista stilistico o qualcosa che racchiude il senso della scena. È un espediente che in un certo tipo di fumetti si usa tanto. Qualcuno ha detto che La cautela dei cristalli si avvicina ai manga sentimentali, in realtà non è tanto quello il riferimento quanto piuttosto alcune graphic novel che contaminano elementi orientali ed elementi occidentali. Ed è così anche il segno di Anna Lazzarini che prende un sacco di elementi dal fumetto giapponese e li integra dentro il suo segno piuttosto occidentale, ottenendo questa specie di ibrido che trovo molto poetico. Riesce così a stare lontano da alcuni aspetti caricaturali del fumetto giapponese e allo stesso tempo non è così realistico come molto fumetto italiano.

 

La passione di Alanis per lo shodo, l’antica disciplina calligrafica giapponese, va vista in tal senso?

Ha più che altro a che fare con l’idea di trovare una soluzione a un problema attraverso la disciplina e in qualche modo è anche un omaggio al Giappone a cui comunque abbiamo guardato sia in termini di scrittura che di design. Per tornare al discorso delle citazioni c’è un autore giapponese di graphic novel a cui sono molto legato, Inio Asano, e certamente se c’è un modello ispiratore in questa storia sono i suoi romanzi di formazione. Tutti i protagonisti delle sue storie sono degli adolescenti, nel suo caso molto più disperati, in questo caso la storia è più dolce, però quel tipo di atmosfere, molto rarefatte sono tipiche dei suoi lavori.

 

 

Bellissimo il titolo, tratto da una poesia, che citi in epigrafe, di Mariangela Gualtieri: Sii dolce con me. Sii gentile. / È breve il tempo che resta. Poi / saremo scie luminosissime. / E quanta nostalgia avremo dell’umano […] Sii dolce con me. / Maneggiami con cura. /Abbi la cautela dei cristalli / con me e anche con te.

È  abbastanza buffo perché abbiamo cambiato almeno 12 titoli nel corso del tempo e ne avevamo deciso uno pochissimi giorni prima dall’andare in stampa… poi questione di serendipità, mi sono imbattuto in questa poesia che sembrava scritta per Alanis e Jordan. La graphic novel doveva chiamarsi Orme sulla sabbia ma quando ho letto la poesia di Mariangela Gualtieri, il fatto di avere nei confronti degli altri l’attenzione che si deve a qualcosa di preziosissimo e fragile era proprio quello che faceva al caso nostro.

 

È la tua prima graphic novel?

Di fatto sì ed è anche il primo esperimento di questo tipo di graphic novel per la Bonelli che di solito si muove su tutt’altro genere di racconto e, in fondo, è anche un grande esperimento editoriale. Devo ringraziare la casa editrice per aver creduto in un progetto molto eccentrico. Penso sia il primo fumetto della Bonelli in cui non c’e un colpo di pistola, un inseguimento, un elemento strettamente avventuroso. Ma un mistero risolvere c’è anche qui.