Siamo nella Napoli della Belle Epoque, a inizio Novecento. Eduardo Scarpetta è la star incontrastata. Un divo del teatro popolare. Un attore/autore straripante. Un padre “amorale” di figli che lo chiamano papà (pochissimi) e altri che lo chiamano zio. Figli avuti dalla moglie, dalla nipote della moglie e dalla sorella della donna. Tra questi eredi, i mai riconosciuti Eduardo, Titina e Peppino De Filippo. Famoso per la maschera di Felice Sciosciammocca, diventata più popolare di Pulcinella, a un certo punto si ritrova portato in tribunale da Gabriele D’Annunzio. Il primo caso di plagio della nostra stori. Per Toni Servillo: “Questo è il film che volevamo fare da 40 anni, io e Mario. Ci conosciamo da allora. Abbiamo lavorato insieme da allora, quando fondammo Teatri uniti.Per me Scarpetta è un animale che fagocita tutto quello che incontra. In lui vita e teatro coincidono. Le tende di casa si confondono con il sipario… Come tutti gli animali, delinea i confini del suo territorio. E assorbe tutto quello che contengono: donne, figli, collaboratori, attori. Tutto si mischia: nascite e debutti, trionfi e insuccessi, esaltazioni e delusioni. Sono un attore che interpreta un attore che mette in scena la vita attraverso il suo corpo… La vita e la sua vitalità”.
Un patriarca amorale
Ho pensato fosse venuto il momento di affrontarlo. Scarpetta era un genio del teatro e un patriarca amorale spinto da una fame incredibile di riscatto sociale, una rivalsa che lo spinge a scrivere Qui rido io sulla sua villa di Posillipo. Un uomo primordiale che aveva figli con la moglie Rosa, con la sorella di lei, con la nipote della moglie e pur non riconoscendoli li fa studiare tutti, maschi e femmine, e tutti diventano attori della sua compagnia, o geni drammaturghi come Eduardo De Filippo. Il film vuole raccontare il mistero di Scarpetta, ma anche la forza creativa della Napoli di fine ‘800, una citta’ dove ad esempio nacque il cinema.
Un seme potentissimo
Nel film c’e’ una inquadratura girata a Napoli nel 1895 dai fratelli Lumière e dove lavorava Elvira Notari che e’ stata la prima regista in assoluto in Italia e una delle prime della storia del cinema mondiale. In questo ambiente si muove Scarpetta, che divora Pulcinella e il teatro San Carlino, per diventare attore e drammaturgo osannato della sua citta’ . Un uomo che divora la vita come il teatro, con figli sparsi cui sembra dare un seme potentissimo di creativita’ se non di genio. Nella sua casa c’era anche il dolore, quasi rassegnato, delle donne e dei figli, come Peppino De Filippo che lo detestava ed Eduardo che non ne ha mai voluto parlare come padre ma solo come artista.
Un romanzo per immagini
È un film sul teatro. Sulla paternità. Dei figli che si mettono al mondo e della propria opera. Eduardo Scarpetta è stato un autore geniale. Che a un certo punto si è scontrato/è stato punito dalla propria ambizione, come accadeva agli eroi della mitologia greca. La causa che gli intenta Gabriele D’Annunzio arriva al culmine della sua fama e dà il via alla sua “discesa”. In realtà lui non si ritirò, ma quella fu una crepa che non si richiuse mai. E oggi, il suo nome è ancora ricordato. Mentre chi all’epoca lo “tradì”, i suoi giovani collaboratori, sono dimenticati. Siamo partiti dalla sua autobiografia, abbiamo consultato tutto il materiale disponibile su di lui, gli articoli e gli atti giudiziari. Per poi creare un romanzo per immagini. Eduardo ereditò da lui il suo talento e una creatività ancora maggiore come autore, lo rispettò e amò. Ma non potè mai chiamarlo padre. E non ebbe mai il suo cognome. Scarpetta diede una casa ai suoi figli li fece studiare – figlie comprese -, li aiutò sempre. Ma non diede mai il suo cognome ai figli fuori del matrimonio. E dalla moglie ne ebbe uno solo, che ereditò la sua compagnia. Gli altri dovettero farcela da soli… Quando morì, Eduardo, Titina e Peppino De Filippo erano già famosi. C’erano anche loro al suo funerale pubblico. Ma non furono menzionati dalle cronache dei giornali. Erano i figli illegittimi. Come per Scarpetta stesso, non potevano esistere.