È da poco trascorso il centesimo anniversario della morte di una delle menti più luminose di Oxford, la cui vita è stata prematuramente troncata il 10 Agosto 1915 nella battaglia di Gallipoli. Aveva solo 27 anni Henry Moseley, e se fosse vissuto avrebbe molto probabilmente vinto, l’anno successivo, il Premio Nobel. Lo meritava senz’altro per le sue scoperte sullo spettro dei raggi X emessi dagli elementi, che hanno permesso di redigere una nuova classificazione della Tavola Periodica e hanno contribuito allo sviluppo del modello nucleare dell’atomo. Alla sua vita e alla sua promettente carriera mandata in fumo dalle atrocità della guerra è dedicata la mostra (aperta fino al 18 ottobre) al Museo di Storia delle Scienze di Oxford. Dear Harry…Henry Moseley: a Scientist Lost to War è prima di tutto una storia umana, affascinante indipendentemente da quanto si possa capire di fisica e di chimica, ed è profondamente toccante perché racconta, dietro alla storia dello scienziato, la storia di un uomo, di un soldato, di un figlio. Un percorso scientifico – dalle collezioni del Museo sono esposti gli strumenti originali della sua ricerca – e un ritratto intimo con ampio spazio dedicato alla corrispondenza personale di Moseley e alle pagine del diario della madre che il giorno in cui ricevette il telegramma dall’Ufficio della guerra scrisse: “Il mio Harry è stato ucciso nei Dardanelli”, una frase che con la sua agghiacciante brevità mette in evidenza il capolinea dell’agonizzante attesa. La morte di Moseley ebbe un enorme risalto sui giornali, c’è chi titolò “Sacrifice of a Genius”; secondo Isaac Asimov, in vista di ciò che avrebbe potuto compiere, la sua morte è una delle più costose singole morti in guerra nella storia dell’umanità. La mostra si conclude con la famosa citazione di Ataturk, leader dei nazionalisti e primo presidente della Repubblica turca. Scritta nel 1934 per la commemorazione degli Anzacs che morirono a Gallipoli: “Per noi non c’è nessuna differenza tra i Johnnies e i Mehmets quando questi giacciono fianco a fianco nel nostro paese…Voi, madri che avete mandato i vostri figli in luoghi remoti, asciugatevi lacrime; i vostri figli ora riposano in pace nel nostro cuore.”