Boys in the trees di Nicholas Verso. L’infanzia perduta tra le ombre di Halloween

121Non c’è momento migliore della notte di Halloween per fare i conti con i propri fantasmi, orrori e paure, la notte dell’irreale per eccellenza in cui i piani del sogno e del concreto, del passato e del presente, possono incontrarsi fino a fondersi e confondersi: quello che si vede può non essere ciò che appare agli occhi. Scritto e diretto da Nicholas Verso, Boys in the trees, passato a Venezia73 in Orizzonti, ci narra di adolescenza, inquietudini e maturazione, un coming of age carico di amarezza e dall’animo dark, per il quale il regista australiano ha attinto al bagaglio di ricordi e sensazioni personali per raccontarci di un gruppo di ragazzi alle soglie dell’età adulta, del giovane Corey in particolare, che con i compagni di gang vaga per la città pronto a prendere di mira chi è più debole o diverso, come l’amico d’infanzia Jonah, oggetto di omofobia e prepotenze. Vittima e carnefice, lupo e pecora, Corey e Jonah mettono da parte gli attriti e si riavvicinano per qualche ora, per poi separarsi alle prime luci dell’alba in un vertiginoso e traumatico ritorno alla realtà.

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E’ la notte di Halloween del 1997, una notte che Verso dilata fino a sfumarla in un lungo sogno sospeso tra ricordo e immaginazione, accompagnando i due ragazzi in un viaggio segnato da apparizioni fantasmatiche, storie da brividi, fughe e riflessioni su desideri e fantasie svanite nella durezza della crescita. Influenzato da un certo cinema più o meno dark (le suggestioni sono tante, da Donnie Darko a Hocus Pocus, sebbene il regista citi solo le sue visioni spielberghiane), Verso gioca con le ombre della notte, con il buio che ammanta vialetti deserti e villette addormentate, con immagini puramente horror usando i meccanismi del genere (la gang di licantropi a caccia di Jonah, travestito da moderno cappuccetto rosso) per amplificare il discorso sul contrasto infanzia/maturità come processo di perdita e allontanamento. Un film quello di Verso – qui al suo esordio con il lungometraggio – che vuole essere tanto, forse anche troppo sia nella durata che nei contenuti, e che al tema dell’innocenza perduta (simboleggiata dalle chiome degli alberi su cui si arrampicano i ragazzini, i boys in the trees del titolo) somma anche riferimenti alla repressione sessuale, alla pedofilia, ai rapporti sentimentali tormentati, giungendo al finale tra colpi di scena (neppure particolarmente sorprendenti) e sequenze didascaliche e superflue, come tutto l’epilogo che vorrebbe spiegarci il futuro del protagonista, tutto ampiamente intuibile.