Gli ultimi giorni sulla Terra: Nel limbo, di Alina Maksimenko a Trieste36

A volte sembra davvero che l’immane tragedia di ogni guerra possa essere condensata in poche immagini, ridotta ad una sola, forse, in una esasperata e decisiva condensazione dell’orrore. Alina Maksimenko non realizza in verità una sola immagine, il suo lavoro è quello di documentarista, ma la batteria della sua macchina da presa che si consuma, con la difficoltà di ricaricarla sotto le bombe che piovono vicino, costituisce un enorme problema, insieme a quello di salvarsi la vita. Da qui Nel limbo  (W zawieszeniu, nel Concorso Documentari di Trieste36), un film che la regista ucraina condensa in un’ora e poco più, ma di una efficacia visiva ed emotiva inusuale, perché sembra toccare davvero e reificare quella paura della guerra, quella solitudine che l’isolamento forzato e lo spopolamento dei luoghi generato dal conflitto. Prodotto grazie all’intervento polacco dell’Istituto Wajda, il film ha mietuto successi internazionali nei numerosi festival nei quali è stato selezionato. Costretta a fuggire da Irpin, località vicino Kiev, a causa dell’avanzare del fronte bellico, la regista si rifugia dai suoi genitori in una zona del Paese meno interessato dalla guerra. Convive con loro, con i gatti a cui il padre dà quotidianamente da mangiare, occupato peraltro a sfamare i cani rimasti abbandonati alla fuga degli abitanti del villaggio allo scoppiare del conflitto, e con la madre, che dà lezioni di musica online servendosi del solo telefono quando la linea internet è attiva. Da questa convivenza nasce questo documento, questo diario intimo a suo modo, nascono gli sguardi ai suoi genitori, che costituiscono anche una affettuosa osservazione del loro invecchiare.

 


 
Ma Alina Maksimenko diremmo che filma la paura e con le sue immagini, ristrette negli angusti locali della casa, filma la solitudine e sa dare corpo al silenzio del villaggio abbandonato e innevato, rotto dalle esplosioni che via via si fanno più vicine. Riesce a dare forma a quella paura che è desertificazione anche di ogni sentimento, che è conflitto personale con la costrizione a rinchiudersi in casa, a vivere proprio in quel limbo che non è vita, ma non è neppure ancora morte. La macchina da presa di Maksimenko sa guardare i volti, che nella luce livida del tempo eternamente bianco-grigio di neve sembrano sbiancati da sentimenti non detti, da quel timore di comunicarsi anche la paura all’esplodere sempre più forte delle bombe e dei traccianti luminosi che rompono l’oscurità.
Nel limbo diventa scrittura di queste molteplici emozioni, ma anche rassegnazione a continuare a difendere la vita, quella degli uomini e quella degli animali, arrangiandosi, sbagliando e riprovando. Asciutto e crudo, senza piagnistei e senza commenti fuori campo, il film di Alina Maksimenko parla con le sue immagini, cattura le parole di casa, i litigi tra i genitori, le imprecazioni del padre e sa mettersi da parte, osserva e non dirige, ma il montaggio restituisce un’intera gamma di emozioni.

 


 
È in questo senso che Nel limbo sa diventare un film sorprendente perché universalizza la solitudine generata da ogni conflitto bellico, la casa, lei, i genitori, gli animali che ci vivono, il piccolo ambiente circostante, sembrano galleggiare verso una deriva. Nel limbo sembra trasformare quel villaggio in una zattera che viaggia senza direzione, in quell’incertezza estrema di ogni momento futuro, in quella paura costante di un annientamento senza soluzioni. Il film non assomiglia ad un grido di invocazione, quanto piuttosto ad un diario intimo da “ultimi giorni sulla Terra”, in quella inestinguibile volontà di sopravvivere e fare sopravvivere gli altri, uomini o animali che siano.
È in questa estrema durezza dei luoghi e delle condizioni che Alina Maksimenko filma e firma un film personalissimo e lucido nella sua evoluzione, nei ristretti campi della sua visione e di quelli della sua macchina presa. Tra quelle mura tremanti per i bombardamenti sembrano leggersi tutte le paure del mondo quando una guerra destabilizza le vite trasformando anche le emozioni.

 
“Nel limbo” sul sito di Trieste36