Bianco e nero a scalfire la luce accecante del deserto, la fortezza Bastiani trovata in Sicilia, incisa tra il bianco cementificato della diga incompiuta di Bluffi, le cave di Melilli e la base di Sigonella… L’inverso nord dei Tartari invasori guarda verso sud, in questa revisione di Buzzati che porta il nome di Luka e la firma di Jessica Woodworth. Presentato in prima mondiale a Rotterdam 2023 (concorso Big Screen), il film della regista belga-americana è una transizione figurativamente arcaica del seminale romanzo buzzatiano, matrice letteraria di tante derive d’attesa in(de)finita. L’immaginario che mette in campo la regista si dispone su una scenario distopico che sembra un precipitato di simbologie futuribili da anni ’70: Forte Kairos, 27ma regione a Nord, è un massiccio che inghiotte il tempo e lo spazio, in cui ufficiali decrepiti e giovani soldati assoggettati al dovere dell’attesa si tengono insieme a forza di rigore e stolidità. Il cecchino Luka giunge nella fortezza allo stremo delle forze e ben presto diventa il punto di equilibrio delle tensioni dell’avamposto.
Jessica Woodworth manipola i punti di fuga visivi della storia cercando nella profondità prospettica degli antri della fortezza la dimensione per dare forma psicologica all’apparato meramente fisico e marziale che si trova dinnanzi. Il rigore muscolare dei gesti, la qualità tutta astratta delle psicologie prigioniere del tempo azzerato, i giochi di potere che scandiscono le relazioni, sono tutti elementi sui quali la regista costruisce questo suo film così intransitivo e antico. L’assolutezza simbolica riverbera i giochi stilistici di altri lavori della regista, a iniziare da La quinta stagione col quale si era imposta a livello internazionale a Venezia. In Luka però la materia drammatica implode in una dimensione astratta che rende gli elementi tanto impalpabili quanto tetragoni nella loro esposizione. Gli stessi scenari cubitali della fortezza, scavati in strutture atemporali, corrispondono alla definizione immateriale dei caratteri, dal Generale interpretato in inversione di genere da Geraldine Chaplin, al giovane Luka affidato a Jonas Smulders. Tutte figure di una fuga fuori dal tempo che dialoga filmicamente con l’orwelliano 1984 di Michael Radford tanto quanto con il primario George Lucas di THX 1138. La tenuta ipnotica garantisce al film uno spazio drammaturgico che altrimenti mancherebbe, e se questo è vero lo si deve soprattutto alla tensione muscolare della messa in quadro psicologica dei rapporti in campo, alla durezza dello scenario e alla notevole colonna sonora di Teho Teardo.