Nonostante è un film di vettori, di movimenti da fermo, di fughe in avanti per tornare indietro, ma anche di sguardi indietro che rischiano di non ricordare nulla… Singolare rilettura del mito orfico, quella pensata da Valerio Mastandrea per questo suo secondo film (nel concorso Orizzonti a Venezia81), con un Orfeo intrappolato nell’afterlife di un reparto ospedaliero, in una condizione che non è più vita e non è ancora morte: tornare nel mondo degli esistenti o essere infine sospinti nel regno degli spettri non è poi grave, il dramma sta tutto nel ricordare ancora o non ricordare più ciò che ha dato senso al percorso, al tempo trascorso insieme. C’è il suo solito contrappunto umorale: Valerio Mastandrea imprime al suo film quel contrasto di ironia e disincanto che lo caratterizza come attore, minime variazioni di commedia dei sentimenti calate nel mondo fantastico di anime appese a un limbo comatoso: Lui, il protagonista il cui nome non ci è dato, sta comodo in quel reparto ospedaliero, si muove qua e là mentre il suo corpo giace nel letto, attaccato alle macchine che ne controllano la funzionalità.
Insieme a lui ci sono altri compagni d’attesa: l’amicone Lino Musella, la veterana stanca Laura Morante… E poi, a scompigliare quell’ordine, arriva Lei: l’accento argentino di Dolores Fonzi (bella posa, semplice e solida) a rendere dapprima scostante poi sempre più cara e indispensabile la sua presenza e a rendere rischiosa l’ipotesi di interrompere quello status. Perché chi va via, ovunque vada, verso la vita passata o verso l’altrove, dimentica tutto…Nonostante è inciso proprio in questo scarto tra l’assenza alla vita e la presenza a se stessi, tra l’essere bloccati in un letto e il muoversi inutilmente utilizzando vettori che trasportano (come nella bella sequenza iniziale) o facendosi trasportare dal vento imperioso che tutto spazza. Una commedia in bilico sui sentimenti (ma non sul sentimentalismo), che riesce a trovare un equilibrio di scrittura nel gioco lasco tra l’ironia, la tristezza, la leggerezza e il melodramma. Il tutto senza rinunciare al valore esistenziale della condizione rappresentata, alla riflessione sulla situazione di irresolutezza che appartiene ai viventi che pure soggiace all’intera operazione. Nonostante è un film che pensa, ma lascia scorrere le idee e le considerazioni, affidandole allo spettatore.