Su Rai1 il 13 agosto la leggerezza apparente di Mia madre fa l’attrice

mia-madre-fa-lattrice-2015-mario-balsamo-posterUn rapporto complicato quello fra Mario Balsamo e la madre, come spesso accade fra genitore e figlio, ricco di incomprensioni e situazioni irrisolte nel passato. Le tante cose in sospeso fra i due si palesano e cercano una soluzione in Mia madre fa l’attrice, l’ultima opera del regista laziale.
Il viaggio di Balsamo alla scoperta di sua madre inizia nel 1996. È in quell’anno che fra il serio e il faceto comunica ai suoi genitori il tema del suo prossimo film. La storia è quella di un regista che un giorno viene folgorato da un’idea geniale: raccontare la vita di sua madre, attrice. Si intuisce subito che quel regista è proprio lui. In realtà Silvana Stefanini non è un’attrice, o meglio, ha recitato negli anni Cinquanta in ruoli minori, come comparsa, ma, come lei stessa ama puntualizzare, “una comparsa parlante”. L’opera più importante alla quale prende parte è il film di Piero Costa La barriera della legge  con Rossano Brazzi, dove inizialmente avrebbe dovuto girare quattro scene. A detta della madre uno dei produttori da lei respinto decise di tagliare alcune scene e di conseguenza lei abbandonò la produzione, senza mai vedere l’opera completa e quindi la sua performance.
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L’opera è al tempo stesso lo specchio del loro rapporto (toccante e divertente la scena in cui entrambi, benché distanti e in case diverse, si addormentano leggendo il settimanale Gente), e la rievocazione del vecchio film del 1954. Nel giorno del compleanno della Stefanini, il figlio le regala la locandina del film che diventa il filo conduttore di tutta la storia che Balsamo dirige magistralmente, regalando allo spettatore l’illusione che la finzione sia reale e viceversa. Fra scene dall’ironia delicata, ma travolgente, e teneri primi piani della madre, il regista restituisce una storia personale e molto intima senza cadere mai nel cliché del rapporto affettivo fra figlio e genitore. Il legame fra la Stefanini e Balsamo è di odio e amore: il figlio non concede nulla alla madre e sovente sembrano due anime lontane che si sfiorano appena. Fra i due pochi abbracci e molte prese in giro. Ogni occasione sembra buona per il figlio per polemizzare bonariamente sul presunto talento di attrice della madre (come alla fine della proiezione privata del film di Costa, regalato da Balsamo all’attrice e durante la quale il figlio ribadisce alla madre che comunque il suo contributo all’opera non era un granché),  o sul suo carattere molto difficile.  Nella leggerezza apparente della pellicola affiora l’esistenza non sempre facile della Stefanini, dedicata, come lei stessa ammette, al marito ormai scomparso. Il padre, pur non essendoci più, è sempre presente nella narrazione ed è sua la mitica Lancia Fulvia che condurrà madre e figlio nel viaggio che li porterà a scoprirsi l’un l’altro peregrinando lungo i luoghi che hanno segnato la vita della Stefanini. Le scampagnate di madre e figlio sono girate in studio, enfatizzando e giocando sul fatto che la macchina rimanga ferma e i due protagonisti entrino ed escano dalla stessa mentre lo sfondo continua a scorrere, creando una dimensione comica. Grazie al viaggio fisico e psicologico che la coppia intraprende, il regista dà vita a un road movie che permette al figlio di esplorare e cercare di andare a fondo alle cose irrisolte e di farlo attraverso il linguaggio che più gli appartiene, quello del cinema.