La perfetta chiusura degli archi narrativi in Guardiani della Galassia Vol.3 di James Gunn

Tornano i Guardiani della Galassia e, questa volta, la posta in gioco è la vita di uno dei membri del gruppo. Rocket Raccoon viene infatti ferito durante un assalto di Adam Warlock, l’essere artificiale risvegliato alla fine del capitolo precedente, e i suoi compagni dovranno cercare la soluzione che permette di curare le sue ferite scavando nel suo passato andando così ad aprire il vaso di pandora dell’Alto Evoluzionario, uno scienziato pazzo che con la sua delirante visione di una razza sempre più perfetta lascia una scia di morte e sofferenza dove cammina. James Gunn è un mondo a parte. Ha lavorato per entrambi gli universi cinematografici ispirati ai prodotti delle major americane del fumetto e, in ambedue i casi, ha lasciato un segno. Il suo. Gunn è infatti l’unico regista che, in un prodotto che si vorrebbe per lo più standardizzato con il logo del franchise a imprimersi nell’immaginario degli spettatori più dei nomi di registi e interpreti, riesce a fare dei film riconoscibili anzitutto come i suoi film, e solo dopo casomai come film Marvel o DC. Nemmeno Sam Raimi c’è riuscito quanto c’è riuscito Gunn. Certo, Doctor Strange nel multiverso della follia presenta diversi elementi che richiamano allo stile del padre di Evil Dead ma si tratta sempre di un compromesso. Nel secondo film del Dottor Strange c’è qualcosa di Sam Raimi ma non è un film che grida Sam Raimi quanto Guardiani della Galassia vol. 3 grida James Gunn.

 

 

E il risultato si vede. Se già con The Suicide Squad ha alzato vertiginosamente il livello qualitativo dei prodotti dell’universo cinematografico DC, con Guardiani della Galassia vol. 3 risolleva le sorti di un Marvel Cinematic Universe che, concluso un grande ciclo narrativo con Avengers – Endgame, sembra soffrire di una lunga fase di stanca con una serie di film mediocri da cui non si riesce a tirar fuori una pietra miliare da considerare un punto di partenza veramente convincente. E nemmeno il terzo capitolo dei Guardiani della Galassia lo vuole veramente essere. Al contrario, il film va a chiudere un primo ciclo vitale del gruppo annodando i fili rimasti in sospeso e portando a compimento gli archi narrativi che fino a questo momento avevano lasciato i protagonisti incompiuti sia come personaggi sia come gruppo. E lo fa con il botto. Guardiani della Galassia vol.3 è un film pieno, potente, completo. Gunn non riposa sugli allori limitandosi a una pellicola piena di umorismo cazzone che certo qui non manca, ma è più dosato e quando arriva va molto più a segno.

 

 

Ma il film è molto di più. Si ride, si piange, si resta veramente sulla corda per il destino di personaggi verso cui viene creato interesse ed empatia con grande efficacia e almeno un paio di momenti davvero catartici. Il villain, nonostante gli venga concesso uno spazio relativamente esiguo, riesce a farsi odiare avvicinando tantissimo lo spettatore alle sue vittime. In un certo senso, il franchise è diventato grande. Ciò non significa che manchino gli elementi che lo hanno fatto grande. Guardiani della Galassia vol.3 mostra il meglio di James Gunn e del MCU: ritmo elevato, scene d’azione ottimamente coreografate e quell’umorismo frizzantino che qui diverte senza eccedere e trasformare il film in una pagliacciata ma, soprattutto, quella grandeur visuale che fa esplodere i momenti di tensione in scene memorabili che è un piacere guardare, e che ci si può pure aspettare in un film di avventure ambientato nello spazio. Guardiani della Galassia vol.3 è uno dei film migliori dei Marvel Studios, nella speranza che stabilisca un trend e che non si riveli un fuoco di paglia in uno dei momenti peggiori del franchise.