Il mood è quello di una love story e Slow, opera seconda di Marija Kavtaradze, una storia d’amore lo è a tutti gli effetti. Quello che unisce Elena e Dovydas è un amore vero, sincero e anche forte, e se in fin dei conti il loro è un innamoramento contrastato, questo non dipende né dal classico impedimento esterno, né da qualche inciampo nei sentimenti. Slow, che è valso alla regista lituana (già autrice del notevole Summer Sirvivors ) il premio per la regia al recente Sundance, è un film tenue, lieve eppure tenace nel descrivere l’incontro tra due persone in cerca di un equilibrio partendo da una posizione instabile. Elena è una donna libera, segue il ritmo dei suoi passi nella vita come in scena: fa danza moderna, la pratica in una compagnia che sta preparando uno spettacolo e contemporaneamente la insegna a una classe di non udenti. È per questo che conosce Dovydas, un uomo semplice, dolce e docilmente affascinante, che fa l’interprete nella lingua dei segni e la aiuta a comunicare coi suoi allievi durante le lezioni. L’amore tra i due viene quasi naturale, questione di uno sguardo e qualche primo semplice approccio, che si risolve nel piacere di trascorrere il tempo insieme, parlare, sentirsi uniti e ben presto anche indivisibili. La dolcezza dei gesti, la fusione dei momenti, la flagranza della relazione sentimentale è palpabile, la regista la coglie con una immediatezza sobria e concreta, frutto di un cinema che stilisticamente fa un po’ tornare in mente Larisa Shepitko.
Lo schema romance dialoga alla pari con l’approccio immediato e realistico della messa in scena, sgranato sulla fotografia che stempera i colori e lascia sentire la grana della pellicola 16mm che Marija Kavtaradze ha utilizzato, quasi a dare una definizione organica, fisica a una storia d’amore che proprio sulla criticità del contatto fisico costruisce il suo senso più autentico. Sulla strada di questa perfetta storia d’amore che unisce Elena e Dovydas c’è infatti l’intralcio di qualcosa che infrange le coordinate classiche dell’innamoramento, in genere basato sull’incontro tra sentimento e attrazione, emozione e passione, unione e desiderio. Se Elena è una donna libera, che usa il proprio corpo per comunicare con la danza e per cercare il contatto con gli altri, Dovydas è un asessuale, ha imparato a riconoscere e accettare un orientamento che da sempre gli fa escludere l’attrazione sessuale per altre persone, anche per quelle che ama. Ed Elena deve fare i conti con questa condizione, che impone alla storia d’amore col suo uomo un andamento radicalmente differente da quello comunemente accettato, fatto di emozioni e stati d’animo, ma anche di contatto fisico e desiderio di unione. Marija Kavtaradze lascia che questo aspetto fluisca con semplicità nel suo film, scaturendo senza grandi argomentazioni tematiche, con la stessa immediatezza con cui Dovydas dice a Elena che la ama profondamente ma non avrà mai voglia di fare l’amore con lei. La cosa più interessante di Slow (il titolo è una citazione di Leonard Cohen, confessa la regista) è che persegue una forma di romanticismo spiazzato, che separa la narrazione dei sentimenti dal tradizionale apparato erotico sul quale tanto la relazione quanto la rappresentazione abitualmente si basano. Il risultato ha una flagranza tutta particolare nel definire cos’è un amore, ponendo in campo indipendentemente l’uno dall’altra da una parte la sostanza dei sentimenti e dall’altra la natura della sessualità. La regista sceglie la strada di un confronto sincero con i suoi personaggi, che travalica una certa schematicità nella loro definizione (la danza per Elena, il linguaggio dei segni per Dovydas), per trovare la loro verità nella flagranza con cui li filma e nelle prestazioni semplici e immediate dei due sorprendenti interpreti, Greta Grinevičiūtė e Kęstutis Cicėnas, praticamente esordienti.
“Summer Survivors” di Marija Kavtaradze
L’opera prima della regista lituana, Summer Survivors, ha ricevuto il Premio della Giuria Giovanile all’Arte Kino Festival 2022 ed è visibile sino al 28 febbraio 2023 in streaming gratuito con sottotitoli italiani sul sito di Arte, a questo LINK. La recensione del nostro Tonino De Pace si può leggere a questo LINK.