Nella piaga della guerra: alla Berlinale74 Turn In The Wound di Abel Ferrara

La poesia ha la guerra dentro, ma quella giusta, quella che esplora le coscienze, conquista le parole, espande i confini del proprio mondo. Dev’essere questa la linea di pensiero che ha spinto quello spirito inquieto che è Abel Ferrara a mettere insieme il conflitto che si combatte in Ucraina e la rilettura di Rimbaud, Artaud e Duamal fatta da Patti Smith nei suoi reading. Turn In the Wound (in Berlinale Special a Berlino 2024) è un oggetto improprio: preso come documentario, paga lo squilibrio che alimenta il film, l’approccio istintivo del regista americano alla scena ucraina come reazione all’orrore e alla devastazione. Un filmmaker quando sente di dover agire fa quello che sa fare: filma. La reazione corrisponde alla produzione di senso da opporre alla follia e il controcanto offerto dai reading che la sempre immensa Patti Smith dedica in questo periodo ai poeti francesi diventa per Ferrara la chiave d’accesso a una poesia che illumini in qualche modo la realtà. Questo è un film costruito sulla soluzione di continuità, dispone il filmare nel controcampo impossibile tra Patti Smith al lavoro, le testimonianze della popolazione ucraina bombardata, ferita, fatta prigioniera, e le scene di guerra riprese sul campo dai militari.

 

 
Tenere insieme le tre componenti è arduo ma a Ferrara interessa forse più l’istinto del suo gesto che la sua riuscita: la comunicazione è la reazione, non c’è mediazione che tenga… Basta vedere come sono condotte le interviste, puro istinto, curiosità dell’ascolto, la flagranza delle testimonianze con cui interagire a caldo, qualche volta anche in maniera imprudente. In questo film c’è la stessa intemperanza che alimentava la ricostruzione storica di Padre Pio, la medesima irrazionalità che nutriva Siberia, l’approccio soggettivo e rapsodico di Tommaso. Ferrara osserva Patti Smith, la ascolta e lascia scaturire dal materiale filmato il dettaglio lancinante delle sue narrazioni. E poi ascolta le testimonianze dei sopravvissuti ai bombardamenti o alle prigioni russe, le lascia spoglie nella loro verità, spingendosi in scena dai margini del piano d’ascolto, esortando i tecnici a fare domande se ne hanno. Infine la guerra, quella combattuta sul campo: immagini di repertorio filmate dai soldati ucraini, linee di fuga prospettica dal vero per materializzare il gesto bellico, che non deve essere solo evocato. Girare il coltello nella piaga…