Torino 38 – Un soupçon d’amour di Paul Vecchiali, la tragedia si fa melodramma

 

André: «Sei troppo lontana dal personaggio»

Geneviève: «O troppo vicina»

Sta in questo scarto tra interprete e personaggio una delle possibili chiavi di lettura di Un soupçon d’amour del grande Paul Vecchiali che, a 90 anni suonati e dopo 30 film, presenta fuori concorso al 38 Torino Film Festival un’originale e interessante attualizzazione di Andromaca di Racine, la tragedia dell’amore non corrisposto (ogni personaggio ama qualcuno che ama qualcun altro), con al centro, come oggetto del contendere, un bambino che non compare mai in scena. Riassumendo in poche righe la trama e soffermandoci sui personaggi principali: Andromaca, alla morte dell’amato marito Ettore, è stata fatta prigioniera da Pirro, figlio di Achille, insieme al figlioletto Astianatte. Pirro si è innamorato di lei e la ricatta: se non acconsentirà alle nozze, restituirà il bambino ai Greci che lo reclamano per ucciderlo. Vecchiali costruisce un melodramma (da qui la dedica a Douglas Sirk) con al centro un personaggio femminile che rifiuta la realtà e vive in un mondo costruito a sua misura, dove la finzione è diventata realtà. Geneviève Garland (la grande Marianne Basler), acclamata attrice di teatro, «une tragédienne née», è impegnata nelle prove di Andromaca, al fianco del marito André (Jean-Philippe Puymartin). Questo ruolo la turba, non riesce a interpretarlo al meglio perché, come ammette lei stessa, è troppo vicina al personaggio per potergli infondere vita. Decide così di lasciare spazio alla rivale-complice Isabelle (Fabienne Babe) – in passato amante di André, liaison che ha trovato nuovo slancio di recente, ma che per André non ha nessun valore – e di ritirarsi in campagna, nel paese d’origine dove ritorna sul suo passato, incontrando persone che sono state per lei importanti e che ci aiutano a conoscerla meglio («era altrove, in un mondo immaginario», dice di lei l’amica Lisa che riecheggia quello che di lei pensa Isabelle «a quello che so sei costantemente da un’altra parte»).

 

 

Come Andromaca anche Geneviève ha una vera e propria ossessione per il figlio, Jérôme, cagionevole dodicenne che lei ha trasformato in oggetto di culto, facendo sì che interagisca solo con lei. «Suo figlio è la sua vita» dice Pierre (Pierre Sénégal), il regista che la dirige in Andromaca e che consiglia alla sua assistente di «non cercare di capire». Un mistero, quindi, che intuiamo fin dalle prime sequenze, ma che verrà svelato solo nel finale, peraltro aperto sullo sguardo smarrito di André che rimette in discussione ogni lettura. Vecchiali non calca la mano ma gioca con i personaggi, avvicinandosi loro con la macchina da presa dopo averli inquadrati in lunghi piani sequenza, come se stessero sempre recitando una parte e svelando al contempo il gioco. Si pensi alla scena in cui Geneviève comunica ad André che se ne va, senza dirgli dove, e André ribadendole il suo grande amore («Sei tutto per me») le fa notare che «sembra una scena di La porteuse de pain», celebre feuilleton di Xavier de Montépin. Un universo tragico (dopo l’addio ad Andromaca, a Geneviève viene proposto di interpretare un’altra grande eroina raciniana, Fedra) alleggerito da momenti musical (indimenticabili Isabelle e Geneviève impegnate in un numero di varietà in giardino) e comici (l’incontro casuale con il farmacista del villaggio e la madre, grande ammiratrice di Geneviève, che obbliga il figlio ad agire in maniera disonesta che ben esemplifica il rapporto morboso madre-figlio).

 

 

 

A noleggio su My Movies fino al 26 novembre: https://www.mymovies.it/ondemand/38tff/movie/un-soupcon-damour/