Venezia80 – La ricerca della perfezione della convivenza in Origin, di Ava DuVernay

Già vincitrice di un Oscar nel 2017 con XIII emendamento per il miglior documentario, la regista americana, arriva al Lido con un film dove l’impegno civile già dimostrato con la sua filmografia si mescola alla cronaca e dunque alla vita reale. Origin, nella sezione del Concorso, racconta una parte della vita di Isabel Wilkerson scrittrice americana vincitrice del premio Pulitzer che ha dedicato anni della propria vita ad indagare sui fenomeni del razzismo, questione che la riguarda direttamente per il suo essere di colore, e su quelli della casta come struttura piramidale delle società laddove i più abbienti che hanno saputo e potuto per fortuna o per nascita, raggiungere i gradi alti della piramide più o meno esplicitamente, utilizzano le regole della divisione in classi per riaffermare il potere, conservarlo e distribuirlo a loro discrezione assoluta. Dopo la proposta di scrivere un articolo per una rivista con tema il razzismo alla luce dell’omicidio di un ragazzo nero la cui unica colpa era stata quella di trovarsi in un quartiere di bianchi ad un’ora tarda della sera, Isabel Wilkerson, benché affranta da lutti familiari, della madre e a breve giro anche del giovane marito e per finire anche la cugina che considerava come una sorella, si getta a capofitto in questa ricerca allargando il campo dell’indagine e differenziando la divisione in caste dal tema del razzismo e dimostrando, che i due fenomeni benché non legati costituiscono il fondamento delle società moderne fondate sul rifiuto e non sull’accoglienza.

 

 

Un film, Origin, viziato a monte dalla volontà di dimostrare queste tesi quasi di pari passo con la ricerca che la Wilkerson fece per scrivere il suo saggio. Ma, come si sa, il cinema è un’altra cosa e ha bisogno dei tempi e delle altre componenti che servano a dare ritmo e voce alla storia, al film, alle immagini. Per cui, fatte salve le buone intenzioni e al netto di ogni altro aspetto di natura prettamente sociale e/o politica, il film della regista americana non è esente da molte pecche a cominciare da una cronica ridondanza, da una assenza in alcune parti di ritmo narrativo appesantito da digressioni piuttosto insistite senza contare il difetto di origine che è quello di confezionare un film a tesi che lascia poco spazio alla dialettica con lo spettatore. Ma ciò detto e messo da parte, qualche merito al film va riconosciuto e perfino tale da bilanciarne i difetti. A ben vedere il film della DuVernay possiede soprattutto il coraggio produttivo di affrontare temi che oggi diventano urgenti per impedire il formarsi e il dilagare di pensieri che a parole restano estranei al razzismo e al giudizio in relazione alla classe sociale di appartenenza, ma in realtà indulgono ad una attenzione verso questi pregiudizi con un loro estendersi, sufficientemente pericoloso, anche all’interno di quella intellettualità dominante, naturalmente progressista che, già portatrice di un pensiero inclusivo, oggi indulge, invece, con insinuante gradualità, verso un pensiero opposto di esclusione ed emarginazione.

 

 

Se dovessimo fare un parallelo con il cinema italiano verrebbe da pensare alla commedia di Riccardo Milani Come un gatto in tangenziale,che con una economicità narrativa differente ridefinisce, almeno per quello che riguarda il nostro Paese, molto bene questa condizione. Certo gli USA non sono l’Italia e il discorso di composizione degli strati sociali è ben più complesso, tenuto conto di quanto la popolazione di quelle città provenga da culture e tradizioni lontane tra loro, unificate nominalmente sotto la bandiera stelle e strisce, ma che in realtà restano lontane tra di loro creando crepe e chiusure che diventano esiziali per la convivenza. Ecco, Origin ha il pregio, non trascurabile, di mettere a fuoco, nonostante le sue carenze, questi temi, ha il coraggio produttivo di essere un film imperfetto che tende a ricercare la perfezione della convivenza ed ha avuto il pregio, infine, di fare conoscere al pubblico questa studiosa di eventi sociali che con caparbia volontà lavora nella giusta direzione per cancellare pregiudizi, inesistenti differenze per ciò che viene definito come “razza” e che invece è solo proficua diversità.