Animotion – Prendi il volo di Benjamin Renner e Guylo Homsy, blockbuster d’autore di Illumination

Il percorso della Illumination Entertainment fondata da Chris Meledandri ha sempre rischiato di essere un po’ sottovalutato, non tanto in termini di botteghino (franchise come Pets, Sing o Cattivissimo me non hanno bisogno di grandi presentazioni e sono stati in grado di conquistare le platee di tutto il mondo), quanto in termini di posizionamento in un mercato, quale è quello dell’animazione mainstream, da tempo ormai parecchio ingessato. L’ultima fatica della casa di produzione, Prendi il volo, è l’ennesima spia di un cammino stimolante, coraggioso e consapevole. Non si tratta infatti “solamente” di un ottimo prodotto, ma di una scommessa audace che in pochi sembrano voler giocare oggi come oggi. Il film è diretto da Benjamin Renner, nome che probabilmente al grande pubblico dice poco mentre è ben conosciuto a chi da sempre segue e studia questo settore. Si tratta infatti del regista del bellissimo Ernest & Celestine (2012) e del delizioso Le Grand Méchant Renard et autres contes… (2017). Renner è una delle firme più interessanti dell’animazione francese più artigianale e illustrativa. Qui si cimenta per la prima volta non solo con la CGI (motivo per cui viene supportato in cabina di regia dal più “navigato” Guylo Homsy), ma con una produzione di gran lunga più massiccia e ingombrante rispetto i suoi standard. La sfida è ambiziosa per entrambe le parti: il regista deve imparare a trovare la sua dimensione in questo nuovo contesto; la Illumination vincere l’azzardo di affidare il suo investimento a un autore lontano dagli standard produttivi a cui è abituata.

 

 

Ne esce uno dei film più equilibrati, intelligenti e appassionanti degli ultimi anni. Prendi il volo ha tutte le caratteristiche dello sguardo affettuoso e arthouse di Renner, trasposto però in un apparato visivo e registico di prim’ordine. Adatto per bambine e bambini di ogni età, con la tanto cara morale familiare a fare da padrona, la pellicola incanta grazie a sequenze vertiginose, un ritmo serratissimo e buffi personaggi che colpiscono nel segno di una comicità funzionale. Ciò che però maggiormente sorprende è lo spazio creativo concesso da Meledandri e soci al loro regista. Renner ha margine di azione, si vede in ogni singolo fotogramma, e decide di sfruttarlo tutto. Sono molte le scelte apprezzabili, dal taglio delle inquadrature mirate a “imprigionare” i personaggi in due differenti schieramenti, alla scelta di elevare via via la narrazione per seguire il climax ascendente dei pennuti protagonisti (si inizia da un umile stagno di famiglia per finire, gradualmente, in cima in volo su un aereo).

 

 
Dal basso, dalla terra ferma, nascono i problemi (l’uomo, va da sé, è il vero antagonista dei nostri eroi), mentre in aria, in volo, si concretizzano le soluzioni. Allora, non è probabilmente un caso che il film prenda le mosse raccontando proprio una grande scommessa, quella di un padre premuroso che decide di avventurarsi in territori a lui sconosciuti. In tal senso potrebbe essere un racconto quasi autobiografico. Illumination, oggi, è davvero l’unica major che continua a rischiare testando nuovi orizzonti, nuovi equilibri nel mercato internazionale e riuscendo (quasi) sempre, a volare altissimo.