Flight Cancelled di Matteo Bittanti: l’avventurosa storia del viaggiatore Alitalia

Con Flight Cancelled (Concrete Press) Matteo Bittanti prosegue nel lavoro cominciato con il notevole How to get rid of homeless, acuminata raccolta dei commenti degli utenti di SimCity sul tema dei senzatetto. Questa volta al centro dell’opera ci sono i commenti degli utenti Alitalia. Come sempre il lavoro di Bittanti ha più piani di lettura e nell’intervista che segue ce li illustra con la consueta consapevolezza. La questione teorica che affronta i commenti on line come “un genere di comunicazione” è stimolante e insiste su un territorio da noi poco praticato (almeno rispetto agli Usa). Tutto verte su cosa possa produrre, su quale spazio vada ad occupare questo tipo di messaggio. Per il resto appare ovvio che chi si prende la briga di scrivere lo fa per protestare, tentare di ottenere giustizia, denunciare inadempienze. A nessuno verrebbe in mente di complimentarsi per essere riuscito a volare da Milano a Stoccarda, ma sono molti i rovinati che hanno tentato di volare o hanno volato (purtroppo per loro) con Alitalia, che decidono di raccontare la loro indimenticabile esperienza. Come lettore, inanellare queste testimonianze una dopo l’altra ha un che di disperante e lisergico: si viene scaraventati in un mondo parallelo dove il meglio che ti possa capitare è che non ti diano un bicchiere d’acqua e il peggio ti precipita nello splatter. (L’immagine d’apertura è di Cy Kuckenbaker).

 

Come nasce il progetto e a cosa tende?

Seguo da tempo i progetti “non-creativi” del poeta Kenneth Goldsmith che, tra le altre cose, ha scritto Day (2003), una ricopiatura integrale dell’edizione del 1 settembre 2000 del New York Times; The Weather (2005), una riscrittura verbatim di alcune previsioni meteorologiche nonché il mio preferito, Traffic (2006), una trascrizione di bollettini del traffico trasmessi da emittenti radio americane, di cui  ho usato un segmento per il trailer del mio libro Orizzonti di Forza. Un’opera di scrittura concettuale che trovo particolarmente affascinante è The Iraq War: A History of Wikipedia Changelogs del britannico James Bridle, dodici volumi che raccolgono oltre dodicimila revisioni effettuate tra il dicembre 2004 e il novembre 2009 dagli utenti di Wikipedia alla pagina che descrive la Guerra in Iraq per un totale di circa settemila pagine. Nel 2015, ho pubblicato due volumi che raccolgono i commenti degli utenti di SimCity sul tema dei senzatetto, How to get rid of homeless. Come il precedente, Flight Cancelled esemplifica la mia passione quasi morbosa per il vernacolare della rete, i commenti nei forum, le recensioni sui siti di e-commerce. Personalmente, trovo le recensioni dei clienti di Amazon molto più interessanti della maggior parte degli articoli pubblicati su riviste patinate come IL o Rivista Studio.  Il mio interesse per le pratiche testuali in rete è accademico e artistico. Nel suo eccellente studio Reading the Comments: Likers, Haters, and Manipulators at the Bottom of the Web (2015), Joseph M. Reagle spiega che i commenti costituiscono “un genere di comunicazione” a tutti gli effetti, la cui funzione essenziale consiste nell’”informare (attraverso recensioni), migliorare (attraverso feedback), manipolare (attraverso gli imbrogli), alienare (attraverso l’odio), influenza (attraverso il confronto sociale) e sorprendere” (p. 18). I commenti significano qualcosa perché possono produrre un cambiamento. In un’era segnata dalle fake news, dagli episodi di trollismo, dal public shaming persistente, leggere i commenti – per parafrasare il titolo del saggio di Reagle – è fondamentale, una sorta di filo interdentale per la mente.

C’è una linea guida nella scelta dei testi?

Ho passato diversi mesi a leggere i commenti su Alitalia pubblicati online. Ne ho selezionati circa 330. La lunghezza media è di 250 parole. Il più breve è di circa 50 parole, il più lungo ammonta a oltre 2500 parole. Ciascun testo è accompagnato dal nome dell’autore (o soprannome/iniziali), luogo e data. Alcuni commenti sono introdotti da un breve titolo, che spesso suona come un’esortazione (per esempio, “EVITATE ALITALIA A TUTTI I COSTI!!”). Flight Cancelled non ha alcuna pretesa di esaustività. Se avessi voluto compilare una raccolta completa dei reclami indirizzati ad Alitalia pubblicati in rete, avrei prodotto un’enciclopedia in dodici volumi, un po’ come la summenzionata opera di Bridle. Per questo specifico progetto, mi sono concentrato sui commenti pubblicati su tre piattaforme online: My 3 Cents, Consumer Affairs e Yelp (Los Angeles, Chicago, New York), che ho riprodotto in forma integrale e in ordine cronologico. Non ho incluso recensioni scritti da autori su blog personali, come questa, per esempio. Mi colpisce l’idea che qualcuno possa scrivere un saggio di 5000 parole su un’esperienza con Alitalia. Secondo Reagle, “gli utenti tendono a scrivere una recensione quando sperimentano una situazione particolarmente positiva o negativa.” (p 56). Devo confessare che, pur sforzandomi, non sono riuscito a individuare molti commenti positivi su Alitalia in rete. Su Yelp, gli utenti hanno assegnato un giudizio pari a una stella su cinque “solo perché non è possibile assegnarne zero”, hanno dichiarato in molti. In ogni caso, Flight Cancelled non ha la pretesa di fornire una descrizione accurata della qualità dell’azienda. Ho scelto Alitalia perché si tratta della “compagnia di bandiera” e pur vivendo per la maggior parte dell’anno negli Stati Uniti sono un cittadino italiano. La prima cosa che ti insegnano nelle scuole di scrittura creativa è di parlare di cose che si conoscono bene. Diciamo che, essendo italiano e avendo volato con Alitalia, possiedo una certa dimestichezza con i temi discussi nelle pagine di Flight Cancelled.

Decontestualizzate queste vicende divengono altro, assumono un ruolo differente. Tutti racconti di vita da cui si può trarre una morale?

La maggior parte di questi racconti appartengono al genere horror. Il trattamento subito da alcuni di questi viaggiatori è infatti terrificante. Alcuni recensori utilizzano il termine “storie di guerra” o “dispacci dal fronte”. Un aspetto che accomuna molti di questi resoconti è il trauma. Molti viaggiatori dichiarano di aver sperimentato situazioni di forte disagio psicologico, in alcuni casi anche fisico. Ricorrono frequentemente aggettivi come “stupefatto”, “depresso”, “umiliato”, “frustrato”, “furente”. L’azienda è spesso descritta come un’entità monolitica, una mostruosa macchina burocratica kafkiana che stritola chiunque abbia la sfortuna di finire intrappolato nei suoi diabolici meccanismi. Molti scrittori, spesso nel contesto del medesimo post, manifestano la medesima palette di emozioni che la psichiatra svizzera Elisabeth Kübler-Ross ha indicato nel suo classico studio La morte e il morire (1969) e che è successivamente diventato noto come il “modello Kübler-Ross”. Secondo la studiosa, i pazienti terminali prima di un’esperienza letale sperimentano il diniego, la rabbia, il venire a patti, la depressione e l’accettazione, anche se non necessariamente in questo ordine. I lettori di Flight Cancelled incontrano questo ventaglio patemico. Molti viaggiatori sono stupefatti per quella che percepiscono come la completa indifferenza e la disattenzione dello staff di Alitalia. Questa sensazione è particolarmente comune tra i recensori americani, abituati a un customer care basato sul mantra “il cliente ha sempre ragione” che in Italia è sostanzialmente sconosciuto. Altri reagiscono con rabbia nei confronti di ciò che percepiscono come un comportamento inaccettabile e un modus operandi inaffidabile. Alcuni sono così furenti da incorporare insulti in italiano – per esempio, “Alitalia, tu sei una brutta strega” – laddove altri tentano di concordare una soluzione, specie quando è in ballo un rimborso per motivi che spaziano dalla perdita o danneggiamento dei bagagli, dal ritardo alla cancellazione del volo per overbooking ecc. Molti scrivono che Alitalia ha rovinato le loro vacanze, viaggio, nozze o altro ancora e che questa esperienza negativa ha prodotto un profondo stato di depressione (PTSD) simile a quello dei veterani rientrati dall’Iraq o dall’Afghanistan. Infine, alcuni dichiarano di aver raggiunto uno stato di passiva accettazione, lamentando la propria ingenuità per aver prenotato un volo senza aver fatto “le dovute ricerche”. Non vorrei rovinare il gusto della lettura, ma ci tengo a precisare che queste storie non offrono un lieto fine né una soluzione positiva. I rimborsi promessi non sono mai arrivati. Le valigie smarrite non sono state ritrovate. La richiesta di un bicchiere d’acqua alle hostess è sistematicamente ignorata. Nessuno ha mai ricevuto delle scuse dall’Azienda, che generalmente “non si fa trovare” al telefono, via email o di persona. In breve, si tratta di parabole senza morale. Semmai, i resoconti offrono ammonimenti e suggerimenti, spesso espressi in maiuscolo (per esempio, STATE ALLA LARGA!). Non offrono alcuna catarsi per il lettore, ma forse per l’autore, che utilizza lo strumento della scrittura per esorcizzare l’abuso percepito. Sono testimonianze di viaggiatori sopravvissuti a un evento che, in molti casi, ha lasciato una ferita profonda sulla loro psiche.

L’accumulo ricorda i lavori di Tara Donovan oppure, per stare più sul classico Arman. Li avevi presenti quando preparavi il libro?

Ammiro Arman e Donovan, ma i miei punti di riferimento sono William Furlong, Kenneth Goldsmith, Jeff Gordon, Language Removal Services, Louise Lawler, Lauren Lesko, Sean Landers, Jennifer & Kevin McCoy, Bern Porter e Richard Serra.

 

L’oggetto fisico libro rende altro questi testi. Per te cosa?

Il lettore che s’imbattesse nei commenti su Alitalia in formato cartaceo piuttosto che sullo schermo potrebbe sperimentare quello che Brecht ha chiamato Verfremdungseffekt, ovvero l’effetto di straniamento che rende il familiare strano, quasi perturbante. Considerato sotto una luce differente, in un “contenitore” diverso, il reclamo acquista un senso inedito. La maggior parte dei lettori normalmente legge questo tipo di recensioni prima di prendere una decisione circa l’acquisto di un prodotto o un servizio, oppure dopo, per capire se l’eventuale esperienza negativa rappresenta un caso isolato oppure no. In un certo senso, l’impatto di questa forma di comunicazione è relativamente ridotta. Queste recensioni sono confinate nelle gated communities della rete, ovvero in siti privati mascherati da arene pseudo-pubbliche, come Yelp! Tuttavia, è in questi spazi che i cittadini ogni creano ciò che Nancy Fraser nel suo libro Justice Interruptus: Reflections on the “postsocialist” condition chiama “contro-pubblici subalterni”, ossia, “Spazi in cui dare vita a processi comunicativi che non sono sotto la diretta supervisione del gruppo dominante… per articolare e difendere i loro interessi… (e) per portare in primo piano modelli di deliberazione che mascherano la dominazione attraverso un processo di assorbimento dei meno potenti in un ‘noi’ fasullo che riflette i più forti” (Fraser, 1997, p. 81). Ho voluto presentare una selezione di commenti, identificando temi e stilemi, convenzioni e formule, in breve, trattare questi testi come un genere letterario a tutti gli effetti. Ci tengo a precisare che il libro di per sé è assai meno rilevante del gesto, ovvero la pratica assurda di leggere, esaminare, catalogare, raccogliere, impaginare, pubblicare e distribuire centinaia di recensioni rinvenute online sotto forma di libro. Un epifenomeno, se vogliamo. Mi affascina la teatralità del reclamo, la drammatizzazione del dissenso, la performatività dell’umiliazione inflitta da un nemico implacabile e indifferente che nega ogni responsabilità per l’accaduto. Il processo e l’intento concettuale sono più importanti del prodotto, ossia l’artefatto culturale che è immesso in un reticolo transazionale. Flight Cancelled è un intervento ludico che documenta il dialogo asincrono tra un’azienda (Alitalia) e i consumatori che hanno acquistato un servizio. Presentato sotto forma di libro, questo bizzarro dialogo assume connotati differenti. Diventa un archivio di resistenza, un repertorio di performance testuale, un moderno samizdat. Questi contributi meritano di essere preservati, letti e condivisi. Oggi le corporation gestiscono la Narrativa: hanno budget milionari a disposizione per produrre seducenti campagne pubblicitarie, un esercito di avvocati strapagati pronti a sopprimere ogni forma di dissenso nonché lobby che forniscono ai politici le leggi da far approvare. Questo tipo di narrazione corporate è top-down, esclusiva, centralizzata, prescrittiva, normativa. Si tratta di un monologo che non accetta alcuna obiezione. I commenti online, per converso, rappresentano un tipo di storytelling assai diverso: bottom-up, partecipativo, inclusivo, collettivo, spontaneo, decentralizzato. Una narrazione che spesso si oppone e talvolta interrompe quella “ufficiale”. Le corporation controllano spazi fisici e pubblici (manifesti, televisione etc.) e influenzano i nostri valori, scelte e comportamenti. Le narrazioni delle corporation esemplificano quelle che Michel de Certeau ha definito “strategie” nel seminale L’invenzione del quotidiano (1980). I commenti dei viaggiatori, per converso, sono un esempio di  “tattica”: tecniche informali che i cittadini possono utilizzare per raccontare le proprie storie. Come scrive l’attivista e docente dell’Università della California a Davis Larry Bogad nel suo ultimo libro, Tactical Performance: Serious Play and Social Movements (2016), gli individui marginalizzati “non hanno grande forza, ma mantengono una certa autonomia” e sono “spesso più agili e motivati delle loro controparti strategiche.” Secondo Bogad, “ogni dissidente deve portare avanti il proprio lavoro a livello quotidiano: utilizzare l’autonomia tattica per attività di bracconaggio nei confronti della struttura strategica di potere.” (p. 112). In breve, strategie e tattiche producono  una dialettica antagonistica. Alcune tattiche sono più creative di  altre (autenticamente creative, non nel senso di “creativo pubblicitario”, un ossimoro). Alcune di queste tattiche sono rinvenibili nelle pratiche degli archivisti, degli attivisti e degli artisti.

 

Estratto 1

Nel 2011, Theresa (New York) ha descritto la sua esperienza con Alitalia in una lunga recensione che ho riprodotto anche in forma audio.

 

Estratto 2

Questa è la storia di Vito, un californiano residente a Menifee che nel 2012 ha scelto Alitalia per visitare il suo paese di origine, l’Italia. Il testo è qui.

 

Pagina ufficiale del libro