Damien Chazelle: la realtà non è all’altezza dei nostri sogni

imgresIl trentenne Damien Chazelle grazie al clamoroso successo di Whiplash ha potuto girare il musical che ha sempre sognato: La La Land. Musicista raffinato, cineasta consapevole, Chazelle appare tranquillo e riflessivo. Colpisce per la sincerità e la misura con la quale affronta il Festival di Venezia. Consapevole del proprio talento riesce a risultare credibile quando parla di sentimenti, persone, sensazioni. Come cineasta ha uno sguardo onnivoro, ricco di citazioni e riferimenti colti (Stanley Donen è il nume tutelare) e sul traffico “iconico” di L.A. cita Marcello Mastroianni su un’auto scoperta.

 

L’amore al cinema

La La Land è stato definito “candy”, caramelloso: non lo è per niente. Non ho mai creduto che il musical fosse un genere fiabesco. In realtà è antirealista, ovvero permette di cantare e ballare sull’autostrada, come nella nostra ouverture. Penso che oggi più che mai abbiamo bisogno di vedere amore e speranza sullo schermo. E nei musical tutto ciò è esaltato. Lo possono fare solo i film, che sono il linguaggio dei nostri sogni. La realtà non è all’altezza dei nostri sogni. Quando qualcuno si mette a cantare per esprimere i suoi sentimenti viola le regole della realtà. I musical di una volta sono atemporali, sono semplici, con le emozioni che dettano le canzoni. In fondo i musical trovano la loro giustificazione da un punto di vista emozionale, ti rendono felici per la loro essenza ma poi la canzone finisce. Dei vecchi musical ammiro l’assenza di tagli e il fatto che la macchina da presa divenga a tutti gli effetti una danzatrice.

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L.A. e i sogni

A Los Angeles ci vivo da 9 anni. Quando mi ci sono trasferito dall’Est ho subito percepito qualcosa di non amichevole. Con il mio amico parlavamo sempre di ciò che amavamo e odiavamo della città e difficile far conciliare le due cose. Nel film abbiamo lavorato sui cliché, il traffico, le stelle. In L.A. c’è qualcosa di poetico e sono le persone con sogni irrealistici, che rischiano tutto anche di venire ridicolizzate. La La Land è figlio dei miei amori, delle passioni, dei film e delle canzoni con cui sono cresciuto, dei registi e dei musicisti che mi hanno ispirato. Anche del mio rapporto con Los Angeles, perché questa storia non poteva che essere ambientata nella città dei sognatori e raccontare le loro speranze e difficoltà, i compromessi e fallimenti. Sebastian e Mia non sono altro che me: soprattutto lei, che è così timida, viene da un posto perso nel nulla, vive di provini e fa la cameriera al bar degli Studios. Io sono nato a Providence, Rhode Island, e cresciuto nel New Jersey. Dopo la laurea a Harvard, sono arrivato a Los Angeles, dove ho iniziato a vendere panini. Intanto, riscrivevo sceneggiature di sequel di horror e cercavo di girare i miei film. Guy and Madeline on a Park Bench, Whiplash e La La Land erano già i miei ghost friend.

La fotografia

Chiaramente la tessitura del film è onirica. A questo proposito il lavoro del direttore della fotografia Linus Sandgren è stato fondamentale. Ha avuto uno sguardo nuovo e fresco sulla città. L’idea era quella di cercare una nuova prospettiva su L.A. come se fosse lo sguardo di qualcuno che la vede per la prima volta. Non doveva sembrare un luogo reale ma un sogno che ha luogo in un luogo reale. Per questo abbiamo sempre girato fra le 6 e le 7 del pomeriggio.

 

Il musical oggi

La musica fra sempre parte di ciò che faccio, dipende anche dalla mia formazione. Anche quando c’è il parlato cerco di essere il più musicale possibile, di seguire un ritmo, tenere un continuum quando è presente la musica e quando è assente. Credo sia l’unica strada per appropiarsi della magia del musical e tradurla per i tempi di oggi. Justin Hurwitz lo conosco da quando avevo 18 anni, ha lavorato alla musica di tutti i mei film e tra noi c’è un’enorme sintonia. Justin scrive la musica mentre io scrivo la storia e poi mettiamo insieme musica e storia. Per procedere in questo modo ci vuole un dialogo e confronto costante.

 

La memoria

Non direi che nel finale c’è amarezza. Mi piace pensare che quella che traspare sia malinconia. I personaggi stanno meglio dopo essersi incontrati e avere fatto un pezzo di cammino insieme. Non potevano rimanere insieme dato che cercavamo la doppia nota di malinconia e gioia. In generale per me i film più romantici sono quelli nei quali le coppie non rimangono insieme per la vita ma condividono la memoria di un momento indimenticabile.

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