Bruce Springsteen nella terra della speranza e dei sogni (e ritorno)

Un piccolo punto sulla lunga primavera-estate di Bruce Springsteen. Il 3 luglio scorso si è concluso a San Siro un lungo tour con la E Street Band cominciato a Tampa l’1 febbraio 2023. 129 concerti, 4,9 milioni di biglietti venduti, il 65% dei quali in Europa. Non è un dato trascurabile. Più della metà dei fan di Bruce sono nel vecchio continente, e in un momento di profonda crisi degli Stati Uniti Springsteen proprio in Europa chiude il tour con una coda politica che forse a casa non si sarebbe potuto permettere. Ufficialmente, le date europee del 2025 recuperavano i concerti saltati per indisposizione l’anno precedente, con qualche show in aggiunta. Ma tutto è cambiato nel frattempo. L’elezione di Donald Trump e le prime micidiali iniziative della Casa Bianca avvengono mentre Bruce sta “disegnando” la scaletta dei nuovi concerti. Il 14 maggio 2025 comincia a Manchester un’altra storia, il Land of Hope and Dreams Tour, e sin dalla prima data Springsteen attacca esplicitamente l’amministrazione Trump definendola «corrupt, incompetent, and treasonous (traditrice)», parole molto dure alle quali si aggiungono, durante il set, considerazioni amare sullo “stato dell’Unione”: mortificazione della libertà di espressione, attacco alle università e all’istruzione, una sostanziale erosione dei principi e dei valori su cui il patto sociale americano si dovrebbe basare «e dei quali ho cantato per 50 anni della mia vita». In apertura un ritratto di Bruce Springsteen di Rob Demartin.

 

Bruce Springsteen a San Siro il 30 giugno

 

Ma la densità politica dell’European Leg si misura dalla scaletta. Della setlist iniziale i brani rimasti nella lunga marcia da Tampa a San Siro sono 10 su 27/28. Se nella prima parte del tour lo show, con grande spazio alle parti strumentali, ruotava intorno a Nightshift, Kitty’s Back, The E Street Shuffle, Last Man Standing (con il lungo, emozionante speech introduttivo), She’s the One e Backstreets, ora il fulcro sono brani come Land of Hope and Dreams, Rainmaker (che un rabbioso assolo di chitarra di Bruce rende molto più bella della versione da disco), Youngstown, Long Walk Home, House of a Thousand Guitars e My City of Ruins. Tranne Youngstown, a Milano tutte suonate con i sottotitoli in italiano sugli schermi. Come a voler sottolineare l’importanza di quei testi, l’importanza politica, la non neutralità delle scelte e delle canzoni. Da notare che – a parte My City of Ruins nella sua versione ante The Rising – sono tutti pezzi più o meno recenti il cui peso, almeno per chi scrive, è oggi ben maggiore di certi classici (Land of Hope and Dreams e Youngstown live version sono tra le canzoni più belle in assoluto di Springsteen).

 

 

Sulle tracce del resto

Contemporanea al Land of Hope and Dreams Tour è l’uscita del cofanetto Tracks II – The Lost Albums, un lavoro monumentale venduto ad un prezzo spropositato (la versione in CD costa 284 euro, in vinile 332 euro) che recupera materiale nella maggior parte dei casi totalmente inedito, composto e registrato da Springsteen in un arco di tempo che va dal 1983 al 2018. Lo stesso Bruce, nelle note che accompagnano i dischi, sottolinea come le caratteristiche di queste incisioni siano la disomogeneità e l’imperfezione. Alcuni brani, soprattutto quelli del primo lost album, ‘83 LA Garage Sessions, suonano come veri e propri demo, per nulla rifiniti, scarni, senza arrangiamenti particolari. Di questo primo disco colpiscono, oltre a Follow That Dream di Elvis spesso suonata dal vivo nel tour di Tunnel of Love, le prime versioni di Johnny Bye Bye e Shut Out the Light, quest’ultimo brano, ispirato al libro Nato il 4 luglio di Ron Kovic, altro capolavoro del Nostro presentato con due strofe in più rispetto alla versione nota. Leggendo recensioni americane e italiane sembrano tutti più o meno d’accordo nel considerare Somewhere North of Nashville il più compiuto degli album perduti. In effetti, nessuna disomogeneità e imperfezione nelle 12 tracce registrate nel maggio 1995 nella sua casa di Beverly Hills, nel periodo che precede il suo ritorno definitivo nel New Jersey.

 

 

Il genere è in equilibrio tra rockabilly e country, i musicisti coinvolti sono Danny Federici alle tastiere, Garry Tallent al basso, Soozie Tyrell al violino, Gary Mallaber alla batteria e soprattutto, a fare la differenza e a rendere speciali questi brani, Marty Rifkin alla pedal-steel guitar. Rifkin era reduce dalla registrazione di uno dei dischi più belli del decennio, Wildflowers di Tom Petty, e in effetti riesce a portare la musica di Springsteen in territori inediti e ispirati. Il più anomalo dei dischi però è Twilight Hours, un compendio di ballate orchestrali ispirate al pop melodico sofisticato di Burt Bacharach con divagazioni countrieggianti alla Glen Campbell. In verità Bruce aveva già sperimentato divagazioni simili in Working On a Dream (2009), in brani come This Life e Kingdom of Days, ma qui il respiro è più ampio. La maggior parte dei pezzi sono stati composti mentre Bruce lavorava a Western Stars (2019), di cui questo è un po’ l’album gemello, ma I’ll Stand By You risale al 1999 ed era stata scritta per la colonna sonora di uno dei film di Harry Potter, mai finalizzata. A proposito di colonne sonore, il lost album Faithless contiene musica per un film «western spirituale» mai realizzato nel 2006. Springsteen non ha voluto rivelare di cosa si trattasse, ricordo però che all’epoca si parlava di un western di John Sayles in preparazione, magari era quello, considerando l’amicizia tra i due. Faithless è un lavoro molto interessante, con brani gospel tra i migliori dell’intero cofanetto, penso a All God’s Children e Let me Ride, e alcuni pezzi strumentali d’atmosfera. Streets of Philadelphia Sessions, registrato tra il 1993 e il 1994, è il secondo dei sette lost albums più compiuto, nel senso che ha una produzione completa, pronto per essere pubblicato prima che Springsteen prendesse una strada diversa. Contiene brani elettro pop in parte realizzati in solitudine con sintetizzatori e loop di batteria elettronica (il drum programming è di Toby Scott) ma in qualche caso suonati in diretta con i musicisti “reduci” dal tour 1992-1993, ovvero Shayne Fontayne alla chitarra, Zachary Alford alla batteria e Tommy Sims al basso.

 

Bruce Springsteen a San Siro il 30 giugno

 

Appartengono alle medesime session, ma non sono comprese nel disco, Streets of Philadelphia dal film Philadelphia di Jonathan Demme (1993), Missing da Crossing Guard di Sean Penn (1995) e Secret Garden, invece inserita e già edita. Si tratta quindi del resoconto di un momento creativo entusiasmante, originale, lontano dal rock ma con tracce dalla melodia potente e dall’energia dolente. È un disco più notturno che crepuscolare, ripiegato in una atmosfera urbana lontanissima da altri lavori del cofanetto come Faithless o Somewhere North of Nashville. Invito all’ascolto di brani come Waiting on the End of the World, Something in The Well (che ha un giro armonico a un certo punto anticipatore di The Ghost of Tom Joad), The Little Things, canzone “sorella” di If Should I Fall Behind, o il brano uscito come singolo Blind Spot per farsi un’idea dell’eccezionalità di questo disco, credo in definitiva il migliore e più prezioso (oltre che il più sperimentale) dell’intero Tracks II. Springsteen però afferma di amare più di tutti Inyo, composto sempre a metà anni 90 (il decennio che pensavamo meno prolifico del Nostro, e invece…) più o meno in parallelo con The Ghost of Tom Joad. Stesso skyline: il border, la California “messicana” con passaggi musicali a tema mariachi, un’orchestrazione importante mescolata a momenti più minimali e acustici. L’interesse immaginiamo sia più letterario perché in effetti i brani sono piccoli racconti di vita di frontiera, alcuni molto drammatici, sulla falsariga di altre storie raccontate in The Ghost of Tom Joad ma con arrangiamenti musicali meno essenziali. A chiudere il cofanetto l’unico disco non pensato come album a se stante. Perfect World è infatti una raccolta di 10 canzoni rock registrate in tempi diversi, anche se una evidente post produzione dal marchio di fabbrica di Ron Aniello le rende omogenee e forse meno spontanee. I primi tre brani – I’m Not Sleeping, Idiot’s Delight e Another Line – derivano dalle session di collaborazione tra Springsteen e Joe Grushecky & the Houserockers per il disco American Babylon (1995) prodotto da Bruce, mentre Rain in the River appartiene alle session di Streets of Philadelphia ma era destinata a Wrecking Ball come The Great Depression e If I Could Only Be Your Lover, ballata rock di notevole spessore. Un disco forse superfluo ma divertente, che chiude riportando la musica di B alla tradizione dopo una cavalcata attraverso stili molto diversi tra loro, in continua mutazione.