Anche nere cronache recenti parlano di un ritorno sulla scena della criminalità irlandese, forte dei porti dell’isola verde e di una notevole connection con la Spagna. Il traffico di stupefacenti è in cerca di rotte sempre più esotiche e insospettabili, da Dublino si arriva e si parte che è un piacere. L’Irish Mob ha una tradizione secolare; prima della predominanza di italiani ed ebrei (alleati), per intenderci, e fino al San Valentino di sangue del 1929, dominava gli Stati Uniti del proibizionismo. Chi racconta la malavita irlandese ha poi un elemento in più sul quale lavorare: parliamo dell’unico paese occidentale dove esiste, all’apparenza dormiente, una struttura militare clandestina perfettamente organizzata, l’Ira, con la quale il crimine, a volte suo malgrado, interagisce. Breve presupposto storico sociale per parlare di Love/Hate, serie tv in cinque stagioni (più una sesta conclusiva ora in preproduzione) di RTÉ (la rete pubblica irlandese) creata da Stuart Carolan e ancora inedita in Italia. Struttura polifonica modello The Wire (si parva licet) di cui nelle prime due stagioni compare anche uno degli attori protagonisti, Aidan Gillen, il boss di Dublino John Boy (nella serie HBO era invece il politico senza scrupoli di Baltimora Tommy Carcetti).
Polifonia intercambiabile: i protagonisti della prima fase della saga dell’underground dublinese sono infatti John Boy e Darren (Robert Sheenan, il Nathan di Misfits) ma l’ex luogotenente del primo, Nidge (Tom Vaughan-Lawlor), diventa puntata dopo puntata predominante mentre gli altri escono di scena. Interessante e originale la connotazione proletaria del milieu criminale. A parte John Boy e Terrence May (Paudge Behan), che vive a Malaga nello sfarzo, gli altri criminali conducono vite piuttosto miserabili, chi in mobil home (Peter Coonan, rivelazione della serie nei panni dello schizzato Fran) chi in case borghesi se non addirittura periferiche e fatiscenti, alle prese con microcriminalità, tossicodipendenza e ovviamente problemi di “vicinato” con i militanti dell’Ira che controllano il territorio. Fino alla quarta stagione la polizia (Garda in irlandese) è pressoché inesistente, poi si crea una squadra guidata da Brían F. O’Byrne che dà finalmente filo da torcere all’organizzazione. Il cui principale nemico però è se stessa. Brutali e indisciplinati, i giovani malavitosi si scannano tra loro, mentre più efficienti sono le “comunità” di contorno come appunto la task force della Garda, l’Ira nella terza stagione e i cosiddetti “travellers”, nomadi irlandesi di cui fa parte l’artificiere Patrick, probabilmente destinato a essere centrale nella prossima stagione. Non manca la simmetria con le protagoniste femminili: mogli, amanti, sorelle a volte complici a volte vittime, sulle quali spiccano l’ottima Aoibhinn (si legge “eivin”) McGinnity, moglie di Nidge, e Charlie Murphy, nipote acquisita del giovane boss costretta a curare il marito Tommy (Killian Scott) con la testa fracassata. È lei la figura forse più tragica e interessante di tutto il serial. Love/Hate ha, tra vari meriti, soprattutto quello di avere rivelato una generazione di giovani e talentuosi attori irlandesi, che infatti stiamo cominciando a ritrovare in film britannici e americani.