Madame courage: l’estasi dell’abbandono

20374-Madame_Courage_3_-_credit_NEON_PRODUCTIONS-744x445Nel 1977 Merzak Allouache realizzò Omar Gatlato. Era il suo folgorante esordio. Un film che sarebbe diventato un classico della storia del cinema arabo. Seguiva, Allouache, un personaggio, Omar, per le strade di Algeri descrivendo i suoi quotidiani comportamenti e gesti machisti nel quartiere di Babel-Oued. Quasi quarant’anni dopo, il cineasta algerino dà lo stesso nome al protagonista di Madame courage per disegnare un nuovo, disperato ritratto della società algerina. Inoltre, confermando una libertà espressiva ritrovata con sublime limpidezza già nel precedente Les terrasses. Con il quale Madame courage ha delle affinità. Era, quel testo del 2013, girato sulle terrazze di Algeri, portando la strada, il suo caos, i personaggi che la popolano, in alto. Le terrazze come specchio della strada. Il basso riflettendosi nell’alto. Ma sempre con una penetrazione orizzontale degli ambienti, da esplorare con partecipazione. Ora, con Madame courage (presentato in Orizzonti) Allouache è tornato fisicamente nelle strade, quelle di Mostaganem, città dell’Algeria nord-occidentale, affacciata sul mare. Ma a Allouache interessano i vicoli sporchi, gli edifici popolari, la polvere e la sporcizia, il traffico ingestibile, le baraccopoli della periferia, in una delle quali abita Omar, con la sorella costretta a fare la prostituta, sfruttata da un protettore, e la madre che non sopporta quel ragazzo senza lavoro, sempre a zonzo con il motorino. E strafatto di pillole e bevande (ovvero una droga chiamata “madame courage”) che lo stordiscono, in certe scene trasformandolo in vero e proprio zombi, vaga per la città rapinando donne con mano esperta.

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C’è il pre-testo, sociale, preciso, nudo nella sua esposizione. E c’è il testo, che rende Madame courage un’opera preziosa, percorsa da una forma forte, da uno sguardo pregno di energia, da una macchina da presa che accompagna le camminate, le corse, gli improvvisi surplace dei personaggi immergendoli in spazi dominati dall’oscurità, da un denso magma cromatico che li avvolge. Fin dalle prime immagini la scelta estetica di Allouache si evidenzia con nitidezza: stare addosso ai corpi, ai volti, ma senza mai invaderli; filmarli da dietro, di fianco, frontali come se si trattasse di soggettive; addentrarsi nel corpo vivo della città, non solo le strade, ma scale, corridoi, sottoscale dove rifugiarsi, e l’interno squallido della baracca di Omar e della sua famiglia. La faccia del ragazzo è, per Allouache, uno spazio da indagare, alla quale offrire primi piani sublimi, filmandone lo stordimento, l’estasi drogata e quella vitale quando ri-incontra Selma dopo averla derubata della sua collana. Da quella scena, sarà un cercarsi, guardarsi da lontano (lei dalla finestra di casa, lui dal marciapiede o dal cellulare con il quale l’ha filmata all’uscita da scuola), avvicinarsi furtivamente, fuggire inseguendo un amore impossibile.

 

MmeCourageCosì, all’interno di un film che ritrae una società algerina devastata, Allouache costruisce una struggente storia d’amore. E a essa sono destinate alcune delle scene più belle: l’incontro tra Omar e Selma sulle scale del palazzo dove abita la ragazza, con il protagonista che le toglie il velo, le libera i capelli, glieli accarezza davanti a lei confusa, per poi andarsene; Omar addormentato nella spazzatura, osservato da Selma che poi prosegue per raggiungere le amiche; Omar e Selma separati dalla porta aperta e poi chiusa della casa di lei; Omar rintanato nell’entrata della scuola frequentata da Selma, ancora una volta addormentato, forse morto, ad aspettarla. È la scena finale, lei lo vede e, anche questa volta, si allontana per andare via con le amiche. Anche il film abbandona Omar e poi Selma, e nell’ultima inquadratura non può che restare l’esterno della scuola, pezzi di una strada, qualche figura anonima in transito. Non ci sono risposte. Solo un’immensa tristezza diffusa e una dolcezza muta. Quella tristezza e quella dolcezza che vibra negli occhi dei due adolescenti e che continua a rimanere impressa, a manifestarsi nel nero sul quale si chiude Madame courage.