Venezia78 – Alla SIC lo scarto rivoluzionario di Eles transportan a morte di Helena Girón e Samuel M. Delgado

1492, La Niña, la Pinta e la Santa Maria sono ormeggiate alle isole Canarie in una sosta previa al grande viaggio. Tre uomini, sopravvissuti alla forca imbarcandosi nella ciurma di Colombo, scappano da una delle navi rubando la vela con l’effige di Santiago de Compostela.  Nel mentre, in Galizia, una donna intraprende un lungo cammino per portare la sorella, malata mortalmente, a incontrare una curandera misteriosa. Eles transportan a morte  opera prima di Helena Girón (gallega) e Samuel M. Delgado (canario) – decide di andare alla radice della storia conflittuale del colonialismo, costruendo l’intera narrazione su un momento precedente alla scoperta delle Americhe. L’intero film si costituisce come un viaggio nello spirito arcaico dell’Europa (della Spagna nello specifico) dove a dominare è una natura selvaggia e ostile, che opprime i personaggi fino all’abbandono totale di ogni speranza. Le eruzioni del vulcano, il vociare costante del vento, le piogge; ogni elemento naturale è ostile e alienante; quell’abbandono e quella violenza sembrano essere il germe da cui nasceranno le future crudeltà transoceaniche.

 

 

In una narrazione scarna, che occhieggia al cinema in costume di Albert Serra e ai viaggi patagonici di Lisandro Alonso, c’è uno scarto rivoluzionario; nel gesto anti-storico di rubare una vela delle caravelle e uccidere Cristoforo Colombo, il film si apre al sogno di impedire la grande impresa coloniale. Nel cinema c’è ancora la speranza di uno scarto (anche solo immaginario o di coscienza) rispetto alla storia scritta. Eles transportan a morte sembra così  inserirsi coerentemente in una riflessione recente del  cinema iberoamericano. Da una sponda all’altra dell’oceano, negli ultimi dieci anni, si è assistito a una riscrittura radicale del cinema in costume. Eles transportan a morte si posiziona in una linea ideale che val dal seminale Cabeza de Vaca di Nicolás Echevarría (1992) – forse il film meno riconosciuto e più importante sul tema della conquista degli ultimi quarant’anni –  a Epitafio di Rubén Imaz e Yulene Olaizola, dove la dimensione umana, soggettiva, antistorica diventa la bilancia dei crimini e delle crudeltà della storia.