Pericle il Nero di mestiere fa “il culo alla gente”. Non in senso metaforico, ma letterale. È lui il protagonista del nuovo film di Stefano Mordini, unico italiano in concorso a Cannes, nella sezione Un certain regard, dove verrà proiettato giovedì 19 maggio. Ha il volto e il corpo di Riccardo Scamarcio, in versione imbruttita e abbruttita, con improbabile acconciatura e tatuaggio sulla colonna vertebrale, che del film è anche produttore, insieme con Valeria Golino e Viola Prestieri. Dopo essersi accaparrato i diritti dell’omonimo romanzo di Giuseppe Ferrandino, uscito nel 1993, si è dedicato anima e corpo alla sua trasposizione (inizialmente il film doveva essere diretto da Abel Ferrara).
La storia, narrata in voice over dallo stesso Pericle, è la sua ovvero quella di un emissario preso sotto l’ala protettiva di Luigino Pizza («tutti lo chiamano così a causa delle pizzerie») che lo utilizza per dare lezioni alle persone che non rigano dritto. Quando il boss chiama, Pericle risponde e dopo aver stordito la vittima con un sacchetto di sabbia, la sodomizza per darle una lezione che ricorderà per sempre. Nel corso di una spedizione punitiva contro il parroco della città, Pericle si caccia nei guai ed è costretto a nascondersi e poi a fuggire per mettersi in salvo.
Mordini che, con Francesca Marciano e Valia Santella, firma anche la sceneggiatura, ha trasportato la vicenda da Napoli al Belgio non per ragioni produttive (oltre alla Buena Onda di Scamarcio, Golino e Prestieri figurano come produttori i fratelli Dardenne entrati in un secondo momento), ma perché fosse un luogo meno facilmente riconoscibile e legato a vicende indissolubilmente camorristiche. Il film accentua, rispetto al libro, la solitudine di Pericle, che vive totalmente ai margini della società, non ha amici né relazioni (se non un innamoramento per Anna, la figlia del capo che lo tratta con sufficienza), gli rimangono solo la zia Nené, sorella della madre, e un cugino, che lo tradisce. Proprio la madre morta, di cui si preoccupa di tenere in ordine la tomba inviando i soldi a Napoli ogni 20 del mese, sembra essere all’origine del trauma che lo lega a doppio filo a don Luigino. Pericle è al suo servizio, ma del samurai ha solo il codino, perché non ha un codice etico da seguire, al contrario è un essere totalmente amorale che fa quello che deve fare senza porsi alcuna domanda. Non lo fa per denaro o per una qualche forma di potere, lo fa come forma di riconoscenza verso questa sorta di “padre padrone” che è Luigino Pizza. Pericle è estremamente umano nel suo bisogno di amore e non si riesce a volergli male. Specchio del mondo in cui ha vissuto, non ha mai conosciuto un’alternativa, non ha obiettivi, né tanto meno possiede gli strumenti per cambiare le cose. Quando sulla sua strada incrocia Anastasia, la prima persona che sembra interessarsi a lui, il sistema si scardina. La forza del film sta nella capacità di Pericle di elevarsi al di sopra dei suoi simili, non imponendo l’ultima violenza, nell’unico modo in cui è capace, ovvero attraverso l’arma che è il suo corpo per «dimostrare a me stesso di essere uomo, ma se uno, per considerarsi, fa quello che si aspettano gli altri, è una sega, altro che un uomo». Così il film si fa racconto di formazione e, ancor più, di emancipazione.
Ottimo il lavoro degli sceneggiatori nel trasporre il flusso di coscienza di Pericle, creando una storia a partire dai personaggi minori del romanzo (la madre e soprattutto Signorinella, figure di sfondo che qui diventano il motore dell’azione). L’unica scena che denuncia la sua derivazione letteraria, apparendo troppo scritta, è quella della prima défaillance di Pericle con Anastasia (una scena simile si era già vista in Shame di Steve McQueen). Dopo due prove non memorabili nel lungometraggio (Provincia meccanica e Acciaio), Mordini sembra recuperare il suo passato da documentarista e filma con mano sicura una storia cupa anche nella fotografia e nei luoghi rappresentati, stando molto addosso ai personaggi. Ottima anche la scelta e la direzione degli attori, tutti perfettamente in parte. Sempre più grande Scamarcio che si cala in un personaggio scomodo annullandosi in lui e regalandogli un’anima.