La rivoluzione non è un gioco o forse sì, Chad Walker ci guida alla scoperta di Sigmata – This Signal Kills Fascists

Stati Uniti, 1986. La nazione vive schiacciata dal pugno di ferro di un regime fascista che impone la propria legge spazzando via dissidenti, omosessuali, migranti e chiunque venga considerato un nemico per qualsiasi motivo, reale o inventato. L’ultima linea di difesa contro il regime è la Resistenza, un movimento fragile ed eterogeneo che minaccia in ogni momento di spezzarsi, travolto dalle truppe governative o collassato sotto il peso delle proprie contraddizioni. La testa d’ariete della Resistenza sono i Ricevitori, combattenti potenziati da impianti cibernetici attivati dal Segnale, una sequenza numerica criptata, trasmessa con le onde radio e capace di attivare tutto il loro potenziale sovrumano. Ripetere il segnale e trasmetterlo è l’unico modo di combattere il regime. Questa è l’ambientazione di Sigmata – This Signal Kills Fascists, il gioco di ruolo di Chad Walker pubblicato in Italia da MS Edizioni. Sigmata è un gioco di ruolo che raccoglie l’eredità di Dungeons and Dragons e la porta nel contesto contemporaneo, facendosi espressione di un pensiero politico radicale in ogni suo aspetto, dall’ambientazione al sistema delle regole. Il gioco in Italia sta godendo di un ottimo seguito e di un’accoglienza calorosa da parte di un pubblico nutrito, fatto molto importante in un periodo che vede il populismo imperversare insieme a pericolosi e sempre meno dissimulati rigurgiti di estrema destra.

 

 

Ne parliamo con l’autore del gioco Chad Walker e con Enrico Emiliani di MS Edizioni.

 

Chad, la grande mole di contenuto politico presente in Sigmata – This Signal Kills Fascists è pertinente al contesto contemporaneo. Non di meno, hai deciso di ambientarlo nel 1986. Perché?

Per due ragioni. Anzitutto perché trovo l’idea divertente. Ho gli anni ’80 impressi nella mente dopo aver guardato serie come Stranger Things e ascoltato molta musica elettronica. Ho pensato che un’estetica che ricorda i film d’azione più classici e i cartoni animati del sabato mattina avrebbe reso un argomento piuttosto cupo più interessante per un pubblico più vasto. Scrivo giochi distopici, ma voglio comunque divertirmi, nonostante tutto. Il secondo motivo è che volevo esplorare l’idea dell’attivismo politico senza internet, tablet e cellulari. Quando una rivolta sta prendendo piede, lo Stato la strozza nella culla su internet per censurarne il messaggio o per distorcerlo con la disinformazione. La tagliola di internet è stata usata in Egitto durante la Primavera araba, e da allora è successo con numerosi movimenti di protesta. Se cerchi su Google “Internet Shut Down” scoprirai che gli Stati amano usare questa tattica quando il popolo minaccia i potenti. Come si organizza la resistenza senza internet? Negli anni ’80 i dispositivi mobili erano estremamente rari e internet esisteva in fase embrionale, eppure esistevano l’attivismo, i movimenti sociali che nascevano dal basso e la guerriglia.

 

 

Hai scelto un gioco di ruolo per comunicare una riflessione politica profonda e radicale. Oggi i giochi di ogni genere stanno diventando sempre più raffinati per quanto riguarda l’aspetto narrativo e sempre più densi di concetti e di pensiero. Cosa ne pensi?

Qualcuno nel settore non la prenderà bene, ma ecco come la vedo io: i giochi di ruolo tradizionali sono una piccola industria con margini molto bassi, con centinaia di migliaia di persone che si scannano per cifre ridicole. Il risultato è che difficilmente chi fa questo lavoro guadagna soldi. Prendere una posizione in senso politico non è più un rischio economico oggi, perché anche se fai un gioco in tutto e per tutto apolitico e adatto alle famiglie comunque è probabile che fallirai. Quindi tanto vale provarci. E per “provarci” non intendo solo esprimere un pensiero radicale a livello politico in un gioco… Parlo di game designers che esprimono la loro identità, i loro interessi e la loro visione del mondo nei loro giochi, invece che soffocarli nella speranza di raggiungere un mercato più ampio.

 

Le regole di Sigmata sono costruite molto sull’ambientazione, al punto che se ne possono considerare la piena espressione. Ti piacerebbe approfondire questo aspetto?

Per quanto riguarda la maggior parte dei giochi di ruolo la domanda che i giocatori si pongono è: «A che gioco sto giocando?». Sigmata in tal senso non è differente. L’idea di fondo del gioco è di giocare a fare una rivoluzione interpretando un gruppo di cyborg potenziati dalle onde radio FM chiamati Ricevitori. In ogni caso non è un gioco di supereroi fondato su temi sociali (non che ci sia nulla di male in un gioco del genere, in ogni caso). Imparando come funzionano il Segnale e le meccaniche del gioco, il giocatore inizia a capire che l’eroe della storia è il Segnale stesso. Il Segnale è una sequenza segreta di numeri, trasmessa via radio FM, che potenzia gli eroi cibernetici interpretati dai giocatori. Naturalmente si tratta anche di una metafora per l’impulso che alimenta il movimento della Resistenza. I nostri eroi hanno bisogno della Resistenza per sopravvivere, così come la Resistenza ha bisogno di loro. Senza il movimento, i Ricevitori sono spacciati. La forza del Segnale è più o meno presente a seconda dello stato di salute del movimento, non dipende da quanto potenti sono gli eroi. Le minacce alla forza del Segnale non vengono solo dal regime, ma vengono anche dall’interno della Resistenza stessa. Questo rafforza l’idea che i giocatori combattano per un movimento fragile, e che ci sono tanti fattori esterni al loro controllo diretto che possono influenzarlo. Ma devi anche saperti adattare. Non puoi semplicemente infastidirti perché la Resistenza non è aderente all’idea che te ne sei fatto. Devi lavorare con quello che hai. Ciò richiede ai giocatori di guardare al quadro generale delle cose e fare scelte a volte spietate prendendo parte a un’insurrezione armata contro un regime fascista.

 

 

Un numero sempre maggiore di organizzazioni di estrema destra nasce e cresce ogni giorno, mentre l’Alt-Right ha cambiato l’etica della comunicazione on line e off line secondo la propria linea di condotta. Come giudichi la situazione a sinistra? La sinistra sta in qualche modo agendo? Sigmata sta riuscendo a creare una comunità di giocatori con una posizione politica forte?

Questa è una questione enorme, che tenderei per lo più a evitare. Ma ti dirò, la sinistra non si riduce ai personaggi da cartone animato che vedi su Twitter. Negli Stati Uniti la sinistra sta agendo in diversi contesti mettendo in campo molteplici abilità. La sinistra influenza la politica locale e il pensiero politico attraverso il DSA (Democratic Socialists of America). La sinistra era nelle strade con la gente, e nei panni della gente, durante le rivolte che hanno seguito l’omicidio di George Floyd. La sinistra sta combattendo il proliferare degli oleodotti e altre minacce ambientali all’esistenza della nostra specie. La sinistra produce media rispettosi delle identità di genere, dai film alla TV ai videogames, e promuove narrazioni di società che funzionano per il popolo e non solo per i potenti. Non direi che la sinistra si sta “radunando”, nemmeno che il suo lavoro non sia mai stato più importante di così, né che i giovani lo siano, per quanto siano meno limitati dall’ideologia o dalla loro condizione sociale ed economica. Sigmata ha creato una comunità di giocatori con una forte posizione politica? No, non credo che esista una comunità del genere che si sia sviluppata intorno a un gioco. Ci sono molti giocatori politicizzati che amano il gioco come momento di divertimento e come fonte di attività non politica, perché uno spazio di fuga dalla realtà è importante. Quel che intendo dire è che quando giochi non stai esattamente combattendo il sistema, nonostante i tuoi giochi esprimano un pensiero trasgressivo, antifascista o antiautoritario. Quel che stai facendo in ogni caso è sovvertire le spinte alla base della narrazione della società nella tua testa, e questa è comunque un’importante messa in gioco dello status quo. Se Sigmata si lascia dietro un’eredità politica (e sono riluttante a usare questa parola perché è più enfatica di quanto credo il gioco meriti), è l’aver fatto prendere coscienza a qualche gruppo di giocatori liberal e di averli trasformati in socialisti e anarchici. Potrebbe averlo fatto parlando la loro lingua. Potrebbe averlo fatto instillando il dubbio e l’incertezza invece di calcare la mano su dogmatismo e fanatismo. E potrebbe averlo fatto dando un’immagine sfaccettata della Resistenza come l’espressione di diverse istanze e diversi interessi, così che tutti possano trovare uno spazio per entrarci.

 

 

Enrico Emiliani, responsabile del catalogo GDR e Libri Game di MS Edizioni ci illustra il  percorso di Sigmata in Italia.

 

Quale accoglienza ha ricevuto in Italia finora un gioco tanto fuori dagli schemi come Sigmata? Si sta creando una comunità di giocatori politicamente consapevoli intorno al gioco?

L’accoglienza è stata ottima e sta continuando a crescere, fino al singolo giorno di “pay what you want” del manuale in pdf dove abbiamo superato l’obiettivo prefissato nell’arco di poche ore. L’iniziativa è stata creata in seguito ai fatti che hanno implicato l’omicidio di George Floyd negli Stati Uniti. La community è forte e siamo consapevoli che parte di questa ha acquistato il gioco anche solo per la tematica trattata e per la visione distopica degli anni ’80 che in realtà è lo specchio di quello che sta succedendo oltreoceano: poco importa, l’importante è che il “segnale” sia stato ricevuto e ripetuto.

 

 Sigmata è ambientato in America ma presenta diversi elementi trasversali che possono essere colti fuori dai confini. Quali?

Se per elementi trasversali includi il fascismo e l’odio per il diverso direi che nessun paese al mondo ne è immune. Sigmata è stato rilasciato in Italia mentre il leader del partito di destra nostrano aveva quasi “pieni poteri”, dove il vero problema per l’Italia (in Sigmata è chiamato la “minaccia interna”) era dovuto all’immigrato che sbarca sulle coste, al comunista che ha rovinato il paese (quando in realtà ci siamo fatti 20 anni di fascismo, 40 di democrazia cristiana, 20 di Berlusconi e una moltitudine di governi attaccati con lo sputo e totalmente casuali), dove la “flotta” Alt-Right stava prendendo sempre più consensi spinta dal vento dell’intolleranza perpetrata dal governo del momento. In Sigmata c’è tutto e Chad, l’autore, era ben felice che il primo paese al mondo a localizzare il suo gioco fosse proprio l’Italia, culla della più bieca intolleranza che ha fatto scuola ai peggiori dittatori al mondo.

 

 

Com’è cambiato oggi il pubblico di riferimento di Sigmata rispetto a una sinistra italiana tradizionalmente refrattaria al fantastico, al gioco e a tutto quell’intrattenimento poco consono a un’estetica rigorosa che sembra ormai sorpassata?

Mi piacerebbe capire di che tipo di sinistra stiamo parlando prima di poter rispondere alla domanda. Comunque, il “segnale”, ossia l’elemento che trasforma una persona comune in un partigiano della Resistenza, è presente in molteplici forme (o piattaforme), suoni, azioni ed emozioni. Sigmata era certo di arrivare al giocatore a cui stanno a cuore le tematiche di inclusività, libertà, antifascismo e antirazzismo, e sicuramente il gioco di ruolo è una base perfetta in cui far affondare le radici di queste tematiche. Per quanto riguarda il “refrattario”… beh direi che gli anni ’60 sono finiti da almeno 60 anni e le nuove generazioni non hanno bisogno di vecchi stereotipi ma solamente di una nuova forza. In Sigmata si parla di “Empatia Radicale” e non c’è modo migliore se non riprendere una parte di testo del manuale ufficiale del gioco di ruolo:

«… il fascista ha fatto in modo che la gente fosse ricettiva al suo nazionalismo violento. Per riempire i nostri ranghi, per essere più numerosi del nemico, dobbiamo applicare un’empatia radicale. L’empatia radicale non significa abbandonare il nostro sforzo rivoluzionario, tradire i nostri valori più cari, sminuire le difficoltà dei nostri compagni o unirci agli irrecuperabili. Non significa neanche ingraziarsi i Biancaneve o smussare la nostra combattività in modo che non ferisca i suoi sentimenti. Significa vedere il mondo come lo vedono quelli al di fuori del nostro movimento, fare nostri gli argomenti che li spingono, comprendere i punti di riferimento e i tabù che formano la loro identità e usare tutto ciò per affinare il nostro messaggio in modo che abbia risonanza anche con loro.
Non usiamo l’empatia radicale per convertire il fascista. La usiamo per essere più numerosi di lui. Da quanto ormai ignoriamo la prassi per amore della purezza? A coloro tra voi che avvizziscono a causa della dissonanza dello schierarsi con sovranisti, capitalisti e milizie, anche solo temporaneamente, io dico questo: potete tornare ad urlare contro uno specchio finché l’eco non sarà così acuto da farvi perdere l’udito oppure potete rientrare nella fottuta lotta. Mentre noi li denigriamo, il fascista li recluta. Lasciate che lo ripeta ancora. Mentre noi li denigriamo, il fascista li recluta. Il nemico non aspetterà che noi ci costruiamo la Resistenza che vogliamo. I partigiani che lottano e muoiono in strada contano su di noi per usare la guerriglia psicologica e convertire abbastanza indecisi da rispedire all’inferno il fascista. Non deluderemo i nostri compagni».