Esiste in Italia una scena letteraria molto lontana dalle conventicole nate intorno agli inserti culturali dei principali quotidiani e al premio «intitolato al liquore dolciastro color piscia» (rubo la definizione a Valerio Evangelisti, il Magister). Sono gli scrittori che se ne fregano dei drammi borghesi, degli interni familiari, delle pippe meta-televisive e post-pasoliniane, delle saghe generazionali. Sono quelli che i temi sociali o politici li trasfigurano in distopie, apocalissi, pulsioni anarchiche, trame noir, deflagrazioni carnali e psicologiche. Quelli insomma leggendo i quali non ci si annoia mai. Di questa confraternita il più hard boiled ci ha lasciato all’improvviso lo scorso 16 giugno. Alan D. Altieri, all’anagrafe Sergio Altieri, il miglior scrittore italiano di action (al secondo posto metto Antonio Zamberletti, ora ottimo sceneggiatore alla Bonelli, peraltro scoperto proprio da Sergio oltre che da Tecla Dozio). Sto leggendo in questi giorni Kondor (1999), una vecchia edizione di Corbaccio, che lui considerava tra i suoi romanzi migliori. Lo stile di Alan D. è sempre tonitruante (non mi viene in mente nessun’altra definizione), fino all’assurdo, fino a stordirti. Il racconto procede per intrecci di trame, ma i personaggi sono a una dimensione: i malvagi tali senza speranza, gli eroi complessati, incasinati ma aperti alla redenzione, al sacrificio, all’identificazione. In Kondor si immagina una guerra dell’energia scoppiata in Medio oriente per motivi religiosi, ma la cosa che conta (e conterà nei romanzi successivi dell’autore, e nei suoi racconti) è il sotterraneo delirio tecnologico del quale siamo succubi, in un modo o nell’altro. Aerei fantascientifici, congegni avveniristici preposti al controllo, armi, tutto impastato in un flusso narrativo che non lascia tregua, a volte addirittura esagerando, ma che è “politico” perché in anticipo sui tempi rispetto a situazioni, e appunto tecnologie, divenute cronaca comune dopo l’11 settembre. Cose e persone. Le prime, per Sergio, laureato in ingegneria meccanica, spesso più importanti delle seconde, come i cavalli per Riccardo Freda, sempre degni di maggior stima rispetto ai suoi attori. L’uomo esterno è uno dei libri su cui mi sono formato. Lo lessi l’anno della maturità, nel 1989, mi pareva un’altra dimensione rispetto a tutto quello che di letterario avevo sperimentato fino a quel momento. Ricordo che rimase il mio livre de chevet per mesi, accanto a Christine – La macchina infernale (mole simile, c’era anche un che di armonico nel vederli accanto vicino all’abat-jour). Sergio ne scrisse un’altra versione qualche anno dopo, cambiando il passato dell’ultra-killer, il sicario americano mandato a Milano per uccidere un testimone, in un contesto di violenza alla Fernando Di Leo (regista da lui molto amato, peraltro). Quando finalmente riuscii a conoscerlo stava cominciando un’avventura esaltante. Gli avevano proposto di diventare direttore editoriale delle collane da edicola di Mondadori. Tutte: Giallo, Urania e Segretissimo, che mi pare di poter dire fosse la sua preferita, anche perché ospitava le avventure del suo sniper Russell Brendan Kane. All’epoca ci sentivamo spesso, soprattutto attraverso una mail mutante (nel senso che cambiava alla velocità della luce) con sempre però il “suffisso” wolf inserito da qualche parte (rimando a un generale di Kondor, credo). Nel 2009 gli chiesi di collaborare a Nocturno con una rubrica fissa, e lui accettò. Andammo avanti quasi tre anni, confrontandoci ogni mese sui film e i libri di cui avrebbe voluto scrivere. Si inventò una prosa pazzesca con traccia portante in italiano e digressioni esclamative in slang americano. All’inizio spiazzò i lettori che invece poi cominciarono a reclamarlo, citandolo nei forum come termine di paragone estremo. Da un punto di vista professionale, Alan D. era stato a lungo story editor per il cinema a Los Angeles, sua città d’adozione, poi romanziere, editor, giornalista e infine traduttore, di Le cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin per esempio. Ma se volete veramente comprendere quanto fosse grande, e unico, dovete leggere le sue traduzioni dei racconti di Raymond Chandler del Meridiano Mondadori. Altra categoria.