In un mondo contaminato: Buio, di Emanuela Rossi su MyMovies Live

Fin dalla presentazione alla Festa del Cinema di Roma se ne è parlato come di un “thriller apocalittico”, ma la realtà – ora che arriva on demand (fino al 21 maggio) su MyMovies Live – induce a un immediato cambio di paradigma: Buio è la trasfigurazione di un domani diventato già oggi, quando l’isolamento lo abbiamo toccato con mano, ed è ancora più interessante ora, nel passaggio dalla quarantena al lento riappropriarsi delle nostre vite e del mondo. Le tre giovani protagoniste, Stella, Luce e Aria, vivono infatti in una villa del Piemonte, isolate assieme al padre dopo la scomparsa della madre e un misterioso evento che ha visto il sole esplodere e diventare una minaccia per l’umanità che volesse eventualmente avventurarsi “di fuori”. Così resta solo il buio, appunto, quello di una casa con le finestre sprangate o delle mascherine per gli occhi da usare all’esterno, ma con i vetri oscurati. Ma anche quello che domina perenne negli angoli di questo spazio chiuso eppure dispersivo, aperto, in cui sentirsi soli. Tutta la dialettica visiva è in fondo concentrata su questo, sulla continua alternanza di buio/luce, chiuso/aperto, stretto/spazioso. In questo spazio sospeso come il mondo in attesa, le tre sorelle seguono i rituali del vivere: esercizi ginnici davanti alla tv, cena in famiglia, preghiere verso un Dio punitivo ma giusto, musica dallo stereo, attesa del padre che si avventura a cercare il cibo, mentre ci si chiede cosa sia realmente successo anche e soprattutto in relazione alla madre.

 

 

Poi la svolta, quando l’uomo sparisce e Stella decide di avventurarsi all’esterno: il lento riavvicinarsi alla natura è fatto ancora una volta di opacità sospese, rese evidenti dalla dominante grigiastra del cielo uggioso e dalle tonalità cemento dei palazzi e del centro commerciale in cui la ragazza entra per comprare il cibo. Altro spazio chiuso/aperto questo, delimitato ma vasto, che induce a pensare a quanto il rincorrersi degli eventi sia una continua alternanza fra varie prigioni, pure quando hai il mondo a disposizione. Nel frattempo quell’incedere sospeso, quella perenne attesa di una spiegazione macera progressiva, e gli inquietanti segnali lasciati sedimentare conducono al crescendo finale in cui il destino del mondo e dei personaggi troverà le sue spiegazioni. I nodi tematici che Emanuela Rossi elabora ancora una volta partono dallo specifico per toccare nervi scoperti della società reale: violenza domestica, catastrofi naturali, in un andirivieni di affettuosità e timore per i personaggi, di corpi esibiti nella naturalezza della loro innocenza, e di carni violate con la violenza (il motivo ricorrente dei coltelli che affettano, incidono, affondano). L’esordiente regista racconta di aver attinto dal proprio vissuto, dallo spaesamento di fronte a un’educazione forte nei valori, ma intrisa di una cultura del peccato che rendeva l’esterno uno spazio sempre “contaminato”, da cui guardarsi con timore.

 

 

Il complesso sistema di riferimenti cerca perciò una sintesi nello sguardo ribelle ma sperduto di Stella/Denise Tantucci, capace di incarnare una qualità al contempo di giovane e inquieta adolescente contemporanea e di antieroina da film gotico. Aiuta in questo senso l’ambientazione in un’antica dimora piemontese, che sta diventando un motivo ricorrente di certo genere all’italiana, da The Nest di Roberto De Feo al corto Birthday di Alberto Viavattene. Sarà per questo che, pur non concedendo quasi nulla al fantastico, Buio riesce comunque a porsi in un’ottica non immediatamente drammatica e capace di riecheggiare storie di vario tipo, pur restando quasi sempre confinato fra quattro mura: dal gotico cormaniano (evidente nell’incendio finale) al disaster-movie, al postapocalittico d’autore (un po’ alla The Road), fino ovviamente al racconto familiare e al bildungsroman, senza dimenticare una punta di fiabesco concessa dalle illustrazioni poeticamente oniriche di Nicoletta Ceccoli, che scandiscono i vari capitoli in cui è divisa la storia. L’abilità più concreta in fondo è tutta qui: nel modo in cui elementi così ben delimitati riescono a ricombinarsi in una forma più porosa, dove i rapporti di forza si rovesciano, i padri possono essere minacciosi ma deboli e le figlie devono avere la forza di diventare madri per resistere agli orrori dell’interno e dell’esterno. Un rovesciamento di paradigma, appunto, per reimparare a vedere il mondo.