Ricomincio da Raitre: ma il teatro è un’altra cosa

Domenica 3 gennaio è andata in onda l’ultima delle quattro «serate evento», iniziate il 12 dicembre, «pensate e volute da Rai3 per sostenere e dare la possibilità di esibirsi, in tutto il loro splendore, a molte realtà teatrali bloccate dal lockdown» (così recita il comunicato stampa). È sicuramente apprezzabile che il servizio pubblico in un annus horribilis come quello appena passato abbia cercato di dare visibilità a uno dei settori più provati e dimenticati dalle istituzioni, ma non necessariamente le buone intenzioni portano a buoni risultati. Sotto l’egida di Stefano Massini, assurto a conduttore per il servizio pubblico dopo aver imperversato con i suoi monologhi a Piazza Pulita su La7 e diventato, non si capisce bene a che titolo, la persona più autorevole per parlare di teatro, si sono avvicendati personaggi noti al grande pubblico per proporre un’idea di “teatro” vecchia e soprattutto televisiva che certo non fa sentire l’urgenza di tornare a teatro, tutt’altro, e dà ragione a quanto affermato da Romeo Castellucci in una recente intervista: «Capisco perfettamente la gente che non va a teatro. È il figlio di un dio minore. Non ci sono cose interessanti, urgenti, belle. La colpa è degli artisti, non certo del pubblico. […] Il pubblico che colpe ha? Deve pagare il biglietto per vedere qualcosa che sa già? O andare solo per convenzione? […] Finché il teatro rimarrà debole, ripetitivo, letterario e illustrativo, è logico che il pubblico non ci vada». Al fianco di Massini – autore di Ricomincio da Raitre con Felice Cappa e Massimo Romeo Piparo, quest’ultimo anche direttore artistico, la regia invece è di Stefano Vicario – è stata chiamata Andrea Delogu, ingessata nel ruolo di spalla e spesso interrotta da Massini.

 

Angela Finocchiaro

 

Un programma purtroppo costruito senza un’idea drammaturgica se non quella di dare spazio a spettacoli interrotti dalla pandemia, che sembrava rispondere più all’urgenza di mettersi a posto la coscienza (qualcosa per il teatro l’abbiamo fatto, in prima serata, su Raitre) e che ha coinvolto la solita cricca di personaggi amati dal pubblico per la loro partecipazione a fiction o serie tv di successo, preferibilmente Rai (Luca Zingaretti, Elena Sofia Ricci, Lino Guanciale, Alessio Boni, Serena Autieri, Veronica Pivetti, Valentina Lodovini, Valeria Solarini, Giulio scarpati, Vinicio Marchioni, Francesco Montanari…), comici (Claudio Bisio, Luca e Paolo, Tullio Solenghi e Massimo Lopez, Lillo e Greg, Angela Finocchiaro), trasformisti (Arturo Brachetti nelle vesti però di artista della sabbia) o addirittura conduttori di quiz (Flavio Insinna) o dando spazio a nomi – sempre gli stessi – già celebrati (Gabriele Lavia, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Luigi Lo Cascio, Silvio Orlando, Fabrizio Bentivoglio Marco Paolini, Lella Costa, Glauco Mauri e Roberto Sturno, Ascanio Celestini, Emma Dante). Non stupisce che nel corso delle quattro puntate gli ascolti si siano assottigliati (dal 5,2% di share per la prima serata si è passati al 4,4% della seconda, al 3,7% della terza per chiudere al 3,4% della quarta).

 

Chiara Bersani

 

Nell’ottica del cerchiobottismo va vista anche la quota riservata ai volti “nuovi” del teatro rappresentati da Davide Enia (premio Ubu 2019 come miglior nuovo testo italiano per L’abisso), Chiara Bersani (premio Ubu 2018 come miglior attrice underworld 35), Marta Cuscunà, Lodo Guenzi (noto più che per la sua collaborazione con Kepler-452, interessante realtà attiva anche durante la pandemia, per essere il cantante di Lo Stato Sociale e per la sua partecipazione in veste di giudice a XFactor nel 2018) e Liv Ferracchiati (menzione speciale all’ultima Biennale di Venezia). Davvero un’occasione mancata.

 

Liv Ferracchiati