Marco Baliani, una narrazione lunga trent’anni

Sette spettacoli in 12 giorni. Un’occasione unica per scoprire o riscoprire gli spettacoli che hanno reso grande il teatro di narrazione attraverso la voce di uno dei suoi protagonisti indiscussi ovvero Marco Baliani che, a proposito della personale che il Teatro Menotti gli dedica, ha affermato: «In questo modo penso si potrà comprendere cosa è stata ed è la mia poetica e le forme che ha assunto nella ricerca teatrale». Il focus comprende anche una lezione dell’artista lunedì 3 febbraio alle ore 18 sullo “Smontaggio drammaturgico di Kohlhass”, e un incontro il 5/2 alle 17, condotto da Oliviero Ponte di Pino con Baliani e Romano Madera, filosofo e psicanalista di formazione jungiana su “Filosofia e teatro”. Entrambi gli appuntamenti sono a ingresso libero (con prenotazione obbligatoria). La personale copre un arco temporale di oltre trent’anni, dal Kohlhass del 1989 per arrivare a Una notte sbagliata che ha debuttato lo scorso anno. Teatro di narrazione che si fa politico nel raccontare la Storia italiana ma anche le storie di personaggi ai margini, vittime di una società che sembra aver perso la sua umanità. E Baliani scava, approfondisce, si immedesima, portando l’universale nel personale e viceversa per trovare delle risposte, ma soprattutto per porre delle domande a ognuno di noi. Si comincia il 28 gennaio con Corpo di Stato. Il delitto Moro: una generazione divisa in cui, partendo dal ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, Baliani ripercorre i 55 giorni di prigionia, raccontando «di una lacerazione, di come il tema della violenza rivoluzionaria abbia dovuto fare i conti con un corpo prigioniero, e come questa immagine sia divenuta via via spartiacque per scelte fino ad allora rimandate, abbia fatto nascere domande e conflitti interiori non più risolvibili con slogan o con pratiche ideologiche». In  Tracce (spettacolo del 1996, in scena il 29 gennaio), ispirato all’omonimo saggio di Ernest Bloch, rivive la storia di Giuvanin che la nonna di Baliani gli raccontava nella casa sul lago Maggiore, in qualche modo il punto di partenza di tutto il suo percorso, per suscitare lo stupore e l’incantamento, i due temi che lo hanno sempre guidato. In Del coraggio silenzioso (del 2016, proposto il 30 gennaio, in collaborazione con Amnesty International a cui viene devoluto parte dell’incasso della serata) si raccontano cinque storie di coraggio non comune, cinque vite che non amano i riflettori, non pretendono riconoscenza, spesso sfuggono alla comprensione. L’esempio archetipico di questa forma di coraggio è «Antigone che, nonostante il divieto della legge di Creonte, va a seppellire il corpo del fratello pagando con la morte questa trasgressione».

 

Trincea

Il 31 gennaio è la volta di Kohlhass, dall’opera di Heinrich von Kleistche racconta un fatto di cronaca realmente accaduto nella Germania del 1500 ovvero il sopruso subito da un uomo retto, Michele Kohlhass, preso di mira da un nobile. Kohlhass cercherà in tutti i modi di ottenere giustizia ma la sua vicenda finirà tragicamente. Il 2 febbraio i toni si alleggeriscono con Frollo, una fiaba per famiglie, in cui il protagonista, un bambino impastato di pan pepato deve trovare l’antidoto per non finire divorato dal figlio del re. Una storia di formazione che è anche «una metafora della nostra società dei consumi pronta a divorare ogni cosa». Il 4 e 5 febbraio in Trincea, realizzato in occasione del centenario della Prima Guerra Mondiale, Baliani si cala nei panni di un soldato mostrando come un uomo finisce per diventare l’ingranaggio di un meccanismo più grande di lui e perde «la coscienza della propria individualità […]. È un pezzo di ricambio, un pezzo di artiglieria fatto di carne umana». La personale si chiude con Una notte sbagliata, dal 6 al 9 febbraio, definito dallo stesso Baliani uno spettacolo di post-narrazione, intendendo «una narrazione dove il linguaggio orale del racconto non riesce più a dispiegarsi in un andamento lineare, ma si frantuma, produce loop verbali in cui il Tempo oscilla, senza obbligati nessi temporali». A fare da filo conduttore, la vicenda di Tano, un disabile mentale, un uomo ai margini, che una notte viene pestato a morte da tre agenti. Ancora una volta uno spettacolo che ci interroga sulla banalità del male e sulla scarsa considerazione per la vita umana. Drammaticamente attuale, come sempre sa essere Marco Baliani.

Foto di Marco Parollo e Enrico Fedrigoli.

Milano          Teatro Menotti            28 gennaio – 9 febbraio

Le dichiarazioni virgolettate sono tratte dal sito www.marcobaliani.it

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