Trento Film Festival incorona A Tunnel e il cinema sul delicato equilibrio con la natura

Un film denso di tensioni emotive riflesso degli squilibri strutturali del potere ma anche spettro delle derive dei contrasti geopolitici, delle identità contestate dell’attuale mondo globalizzato che non rinuncia alla poesia: questo è ciò che caratterizza il documentario A Tunnel (immagine in apertura) di Nino Orjonikidze e Vano Arsenishvili, vincitore del 68 Trento Film Festival. La Giuria internazionale ha assegnato al film la prestigiosa Genziana d’oro Miglior film – Gran Premio “Città di Trento” – evidenziando il carattere fortemente politico del film, capace di raccontare gli eventi di un piccolo villaggio e tradurli con toni drammatici in uno scontro tra passato e futuro, tra chi ha risorse e chi non ha, tra chi ha sguardi differenti. A Tunnel è un film che conduce lo spettatore a stretto contatto con la lotta per la tutela dei propri diritti, della giustizia, delle proprie radici e dei propri luoghi di appartenenza, capace di non nascondere attimi di poesia e leggerezza di fronte al vivere e al morire. Si lavora duramente per costruire una ferrovia nei pressi di un remoto villaggio di montagna georgiano. Quando sarà completata, di qui passerà la nuova “Via della seta” ferroviaria. Ma affinché questo collegamento ad alta velocità tra Cina ed Europa sia operativo, bisogna scavare un tunnel, che passa proprio sotto una montagna dove gli abitanti del villaggio hanno i loro campi e pascoli. Vengono promessi prosperità e progresso, ma nell’atmosfera sognante di questo villaggio uscito da una fiaba, l’arrivo del treno sembra più un incubo. Sullo sfondo di splendidi e placidi scenari, i problemi di lingua e comunicazione tra lavoratori georgiani e cinesi provocano litigi feroci e sfociano in un teso sciopero, riflettendo perfettamente l’atmosfera surreale di un ordine mondiale in trasformazione. Come altri titoli della rassegna trentina (Suspensión, Carie, Fango rosso, Manufatti in pietra, North) A Tunnel inquadra con efficacia il modo in cui le costruzioni modificano l’ambiente e lo stile di vita dei suoi abitanti spingendo a riflettere sul fragile equilibrio esistente fra la salvaguardia ambientale e lo sviluppo umano e sulla desolazione che lo spezzarsi di questo equilibrio spesso comporta. È un rapporto che talvolta sorprende, rivelando le inevitabili contraddizioni che si trascina dietro, ma che non rinuncia a svelare la sua ineffabile unicità.

 

A Tunnel

 

Soffia tra le montagne del Tatra alcune volte all’anno. Forte, tagliente, distruttivo. Colpisce il corpo e la mente. Halny, vento, nome proprio. Sull’occhio di un agitato cavallo si apre così il film che si è aggiudicato la Genziana d’oro Miglior film di alpinismo, popolazioni e vita di montagna – Premio del Club Alpino Italiano. Il polacco The Wind. A Documentary Thriller di Michal Bielawski è l’esempio più calzante di un cinema intimo, interessato a indagare il rapporto non solo conflittuale tra l’uomo e la natura avversa. L’Halny è l’elemento ambientale più imprevedibile delle montagne polacche: arriva a intervalli regolari, ogni primavera e autunno, ma non si sa mai se e quando si trasformerà in una distruttiva burrasca. Halny colpisce in particolare gli abitanti della regione di Zakopane, trasformando pittoreschi sentieri di montagna nello scenario di una selvaggia rappresentazione della forza della natura. «Le persone che vivono in montagna – si legge nella motivazione – possono essere esposte a condizioni climatiche estreme, con effetti sul corpo e sulla mente. Grazie a un approccio intrigante e inventivo, il regista conduce il pubblico nella vita degli abitanti della regione di Zakopane in Polonia, dove l’Halny, un forte vento, mette regolarmente a rischio la loro vita e il loro benessere. Creando un’atmosfera di eterna sospensione e seguendo i protagonisti in modo intimo, questo documentario ci ricorda il delicato equilibrio tra la natura e l’uomo, attraverso il lucido sguardo cinematografico dell’autore». Come ha dichiarato il presidente generale del CAI, Vincenzo Torti: «Il vento che colpisce Zakopane ripropone la situazione ricorrente di molte popolazioni di montagna che, oltre all’oggettiva difficoltà connessa a distanze e altitudini, si trovano spesso costrette al confronto con elementi naturali di cui si può prevedere l’arrivo, ma non l’intensità, a volte tale da travolgere ogni cosa. E, a dispetto del più forte dei venti, le protagoniste restano sempre loro: le genti capaci di mantenersi intimamente legate alle pro-prie montagne, qualsiasi cosa accada». The wind. A documentary thriller è un film che fotografa il volto di esseri umani consapevoli di abitare luoghi che non solo li ospitano ma che li identificano, come sostiene una delle donne al centro del racconto: «Tutti noi dovremmo mettere radici dove ci sentiamo a nostro agio».

 

The Wind. A Documentary Thriller

 

«Anche quest’anno – ha evidenziato il presidente del Trento Film Festival, Mauro Leveghi – i film vincitori del Trento Film Festival richiamano l’attenzione del grande pubblico su temi focali per la nostra vita, tra i quali quello del limite, inteso come la necessità di riaccendere in tutti noi la consapevolezza del delicato equilibrio tra l’uomo e la natura. Natura che rappresenta – così come evoca il film Sidik and the Panther – la nostra “casa”, la nostra “patria”. A Tunnel e The Wind. A Documentary Thriller ci ricordano con i loro racconti intensi e talvolta drammatici, ma senza esasperazioni, le tensioni umane e sociali che scaturiscono quando si perdono i punti di riferimento rappresentati dagli ambienti naturali in cui si e nati e vissuti, così come avviene agli abitanti di un villaggio di montagna della Georgia, nel cui territorio dovrà essere realizzata un’opera ferroviaria; o ci dicono di come la nostra vita possa essere sospesa di fronte alla forza devastante delle intemperie, così come avviene per gli abitanti della regione di Zakopane in Polonia, dove l’Halny, un forte vento, mette regolarmente a rischio la loro vita, riportandoci alla mente la ferita lasciata dalla tempesta Vaia a fine 2018 e a cui si è richiamato l’artista Albino Rossi per la realizzazione del manifesto di questa 68 edizione del festival. Ancora una volta i film del Trento Film Festival rappresentano, dunque, lo specchio di una società chiamata a fare delle scelte importanti per il proprio futuro, per il quale occorre chiedersi, in modo urgente e senza ipocrisie, fino a che punto si è disposti a vivere un presente che impedisce di guardare verso nuovi orizzonti. In questo senso la montagna e le sue culture, narrate dal festival, continuano a offrire occasioni di riflessione per ritrovare quel senso del limite e dell’equilibrio con la natura di cui l’uomo deve assolutamente avere coscienza».

 

Sidik and the Panther

 

La Genziana d’oro Miglior film di esplorazione o avventura – Premio “Città di Bolzano” è andato a Sidik and the Panther di Reber Dosky «per il profondo impegno nei confronti della natura, per come connette ecologia e politica, per lo straordinario racconto di quest’esplorazione estrema, per il suo profondo senso di appartenenza e radicamento alle tradizioni e alla natura come patria di noi tutti. Questo film documenta e cattura attraverso immagini realizzate in modo straordinario il rispetto e la passione per il proprio ambiente e la propria storia». Sidik and the Panther racconta una storia dalle venature magiche. Il leopardo persiano vive nell’aspro paesaggio montano dell’Iraq settentrionale curdo. Almeno, così crede Sidik. Armato di binocolo e bastone da passeggio, si aggira tre le colline alla ricerca di tracce di questo felino. Ha cercato invano per 25 anni, ma se riuscisse ad avvistarne uno, l’intera area sarebbe classificata come riserva naturale protetta, e lui spera questo metterebbe fine ai bombardamenti e omicidi che affliggono la regione. Montagne vive, che raccontano tante storie. Sidik in una grotta legge: «I monti sono gli unici amici dei curdi. 1975, Peshmerga, combattenti per la libertà». Durante il suo peregrinare incontra bracconieri, cacciatori ed escursionisti con i quali condivide i suoi ricordi. Una conversazione con un ragazzo che vorrebbe partire per l’Europa rivela che non tutti sono così attaccati alle proprie radici come Sidik. Affascinanti scene di natura selvaggia rendono l’amore di Sidik per la regione, in una commovente ode visiva alla perseveranza e al patriottismo pacifico. Altri riconoscimenti sono stati assegnati a Sicherheit 123 di Florian Kofler e Julia Gutweniger (Genziana d’argento – Miglior contributo tecnico-artistico), Then Comes the Evening di Maja Novakovicé (Genziana d’argento – Miglior cortometraggio), Alpinist – Confession of a Camera-Man di Kim Minchul e Lim Iljin (Premio della Giuria, qui a fianco un’immagine di Alpinist). Quest’ultimo si è rivelato un film decisamente non convenzionale in grado di offrire «un vero e proprio viaggio nella vita del cameraman e alpinista Lim Iljin, con una profonda conoscenza dell’alpinismo e delle diverse ragioni che spingono gli uomini verso la montagna. È un lavoro crudo, a volte doloroso, frutto di molti anni di esperienza sulle montagne più ostili del pianeta, che descrive al meglio alcuni dei lati più scomodi dell’alpinismo. Questo film è un omaggio a ogni appassionato alpinista e cameraman». La giuria ha inoltre assegnato la Menzione speciale al norvegese Polyfonatura di Jon Vatne, dedicato all’esperimento naturalistico-musicale dell’eclettico artista sonoro Eirik Havnes.

 

Polyfonatura

«Nonostante le difficoltà e gli imprevisti meteorologici, anche questa edizione speciale del Trento Film Festival – commenta il direttore della rassegna, Luana Bisesti – è stata premiata dal pubblico, con un successo al di sopra delle aspettative per le proposte in streaming. La presenza nelle sale, naturalmente, ha risentito della situazione legata al Covid-19, ma vedere gli spettatori davanti al grande schermo, ancorché distanziati, creando uno strano effetto a scacchiera, ci ha rincuorato, dandoci un ulteriore sprone per pensare già alla prossima edizione della rassegna all’insegna di un ritorno alla normalità. Altrettanta soddisfazione ci è giunta anche dai territori e dalle valli del Trentino dove quest’anno il festival è stato presente, realizzando eventi e proiezioni in collaborazione con altre manifestazioni e istituzioni. Abbiamo sentito in questi luoghi e negli eventi che si sono svolti a Trento il grande affetto che le persone nutrono nei confronti del festival e l’apprezzamento per il coraggio di avere organizzato comunque un’edizione speciale della rassegna, nonostante il momento difficile per tutti. In questo senso l’edizione di quest’anno ha rappresentato un messaggio di speranza per ripartire, indicando anche delle possibili strade da percorrere per un futuro sostenibile, dove ognuno possa avere ancora la possibilità di raccontare i propri sogni e desideri». Infine, il responsabile del programma cinematografico Sergio Fant ha dichiarato: «Il numero di spettatori è stato inevitabilmente incomparabile con i successi delle ultime edizioni: dopo mesi lontani dai cinema non si poteva certo sperare che l’abitudine alla sala tornasse in pochi giorni, tanto più in un periodo dell’anno inusuale per il festival. A maggior ragione siamo grati agli spettatori che ci hanno accompagnato in queste giornate, e ai registi che non hanno voluto mancare, ringraziandoci per aver dato un segnale che il cinema resiste e riparte. D’altro canto il successo del Trento Film Festival online, con già oltre 3.000 utenti registrati e quasi 12.000 visioni in streaming, e davanti ancora un’intera settimana di disponibilità della piattaforma (fino al 9 settembre), ci conferma che il pubblico del festival non è diminuito, anzi, semplicemente ha preferito la dimensione domestica, o si è arreso alle difficoltà di spostamento, assecondando comprensibili preoccupazioni. A tutti questi spettatori, tanto nelle nostre sale quanto sui loro divani, promettiamo di ricominciare presto a lavorare alla prossima edizione».