In realtà lo aspettavamo un po’ tutti al varco Paolo Genovese, sfidando la possibilità per lui di realizzare un altro film esattamente a fuoco come era stato Perfetti sconosciuti, con il suo bagaglio di segreti e bugie e l’apparenza che sta dietro una certa verità segretamente celata. Quel film, come si dice nel suo piccolo, scopriva altarini e imbarazzava i suoi riconoscibili personaggi amplificando gli effetti in una successione quasi incontrollata. In altre parole sembrava letteralmente sparigliare ogni altra riflessione sulle relazioni amorose. Il nuovo film del regista romano ci sembra che prosegua nello stesso solco, alla ricerca di una sorta di origine dei sentimenti e del rischio di un loro corrompersi nell’atto stesso di essere manifestati. Così come quel film guardava ad una intimità sconosciuta in chiave relazionale con gli altri, questo restringe il campo di ricerca e focalizza il tema del nascere e del corrompersi dei sentimenti, da cui derivano le verità e le bugie che diventano strumenti per difendersi, per non scoprire le carte, per valutare, in una relazione amorosa, le reazioni dell’altro o dell’altra. In altre parole mentre in Perfetti sconosciuti il tema indagato era quello delle verità di coppia in una rete di relazioni amicali consolidate, in FolleMente la ricerca riguarda il sorgere dei sentimenti della coppia, in una analisi quasi da lettino dello psicanalista, in quella elaborazione della materia d’amore che appare così evidente da non potere essere manifestata nella sua pienezza, in quel rischio di perdita definitiva del soggetto d’amore che si chiama delusione.
FolleMente in questo paradigma narrativo diventa quindi quasi un prequel del film precedente e la coppia di Piero (Edoardo Leo) e Lara (Pilar Fogliati) potrebbe essere una di quelle che qualche anno dopo si sarebbe seduta al tavolo in quella cena che fa da scenario alla vicenda di Perfetti sconosciuti. Il vero o presunto debito con Inside out nulla toglie o, eventualmente, aggiunge al film che resta una originale indagine sui sentimenti e sul loro originarsi il che, peraltro, costituisce una elaborazione dello schema del film della Disney-Pixar nel quale si dava forma alle fasi dell’umore (felicità, tristezza, rabbia, paura ecc…), piuttosto che quell’indefinito e accumulatorio scenario di emozioni che si alternano nell’inconscio (misterioso), creato dal film di Genovese. Nel suo disegno interiore nel quale si catturano sentimenti ed emozioni di due personaggi al loro primo appuntamento, mediamente attratti l’uno dall’altro, ma altrettanto guardinghi a proteggere le proprie individualità in quell’alternarsi di concessioni e ritrazioni, piccole verità e innocue bugie, proprie di ogni approccio amoroso, Genovese e Isabella Aguilar, Lucia Calamaro, Paolo Costella, Flaminia Gressi che con lui firmano la sceneggiatura, inseriscono sentimenti propri del genere, una certa fantasia e un raziocinio finalizzato alla protezione della propria individualità che è attribuita al personaggio maschile e una certa carica di femminismo in declinazione attuale, unita ad una specie di ancestrale paura del maschio che viene attribuito al personaggio femminile. Tutti questi caratteri che si alternano come protagonisti nella coscienza dei due personaggi, replicano le fattezze umane e restando quindi personaggi fantasmatici di un dissidio interiore, ritrovano, nei loro caratteri a loro volta quelli propri del proprio genere, in una escalation di scontro tra generi che diventa il fondale della storia, il tessuto sul quale si disegna la storia.
Niente di meglio dunque, per una immediata riconoscibilità delle “emozioni parlanti” che dare i volti di attori e attrici ben riconoscibili e le cui rispettive caratteristiche attoriali, in fondo, non troppo si discostano dai ruoli emotivi che gli sono stati affidati. Al profilo maschile appartengono Mauro Giallini (il Professore) che rappresenta quella razionalità matura guardinga e per nulla coraggiosa, Claudio Santamaria (Eros) è l’irruenza di una spiccata sensualità, Rocco Papaleo (Valium) rappresenta la fantasia che confina in un surreale desiderio di trasgressione e Maurizio Lastrico (Romeo) il romanticismo amoroso lontano da ogni esigenza fisica. Lo speculare controcanto femminile vede come personaggi emotivi Claudia Pandolfi (Alfa) la femminista 2.0 degli anni 2000 aggressiva e senza mediazioni, Emanuela Fanelli (Trilli) dalla spinta sensualità e disponibile ad una rapida soluzione per le vie brevi, Vittoria Puccini (Giulietta) è il lato romantico e infine Maria Chiara Giannetta (Scheggia) rappresenta quel lato femminile timoroso, ma curioso, trasgressivo, ma con la riserva mentale di una tradizione da conservare. Così mentre Piero e Lara vivono questo primo appuntamento dagli incerti esiti, le loro emozioni danno spettacolo in un susseguirsi di strategie e tattiche per evitare trappole e raggiungere, reciprocamente, il risultato. Implicitamente, dunque il film ci restituisce proprio quella spettacolarizzazione della coscienza, delle emozioni, che resta la traccia umana di ogni comportamento. Quella stessa spettacolarizzazione che Woody Allen mise in scena in uno degli episodi Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso… quando gli spermatozoi partono dal loro habitat per raggiungere l’ovulo da fecondare. Il senso è lo stesso e forse, in fondo, trattandosi di Allen, anche le intenzioni. Ovviamente tutto avviene sui toni smorzati di una commedia che ci sembra voglia avere altre mire, piuttosto che mettere in scena la solita commedia che sia misogina o misandrica. Genovese sceglie un altro profilo e il suo affollamento di pensieri e di emozioni che fa da struttura al film diventa il palcoscenico di un confronto anche aspro. Più che un osservatore Genovese si rivela uno scrutatore di anime, un ricercatore di intrecci emotivi, un esploratore delle coscienze e non è un caso che alla sua filmografia, ormai nutrita, appartengano film come The place e Tutta colpa di Freud. Qualcosa vorrà pur dire.