L’ombra del profitto: Cloud di Kiyoshi Kurosawa

Il cinema di Kiyoshi Kurosawa è uno spazio neutro in cui luce e ombra si confondono, creando una temperatura tiepida di malessere che sta tra la dimensione fisica e quella morale, tra l’angoscia esistenziale, la torsione psicologica e la tensione sociale. Cloud è in questo senso un’opera paradigmatica: mentre si muove in una dimensione eminentemente materiale, elabora un sentimento di malessere profondamente morale, da cui lascia scaturire quei fantasmi che in questo caso sono perfettamente realistici, tanto quanto in altri film assumono valenze spettrali, spirituali o aliene. Ciò che nel suo cinema resta centrale è il senso di alienazione dell’umanità, che nasce da quel progressivo scollamento tra le coordinate reali quotidiane e la base esistenziale (morale, etica, relazionale) su cui esse poggiano. I suoi personaggi nutrono un doppiofondo di inquietudine quasi trasparente e indifferente, da cui progressivamente svapora l’umore nero che si diffonde nel tessuto dei suoi film, il sentimento d’angoscia indifferenziata che pervade le sue opere.

 

 
In Cloud l’ambiente è quello della contrattazione, del commercio, dell’economia: il metro del profitto misura ogni azione di Ryosuke, il protagonista interpretato da uno straniante Masaki Suda, giovane uomo senza qualità che non sia una stolida ambizione che lo porta a sopraffare gli altri sul piano economico. Lo si potrebbe definire uno sciacallo, che specula sul bisogno delle persone e trae profitto senza farsi troppi scrupoli: acquista sottoprezzo delle attrezzature mediche e le vende online a un prezzo decuplicato; toglie dal mercato una intera partita di statuine per otaku pagandole il doppio per poi piazzarle online a prezzo straordinariamente maggiorato… Insomma cose di questo genere, che nella sfera del commercio non sono stigmatizzabili, ma lo squalificano nella prospettiva della valutazione umana. Cosa di cui lui non pare preoccuparsi, preso com’è dalla sua missione di definire se stesso nell’accumulo di merce da rivendere al dettaglio sul web e nel profitto che ne ricava. La sua indifferenza morale è del resto la traccia che fa di lui un personaggio perfettamente kurosawiano, che in tale atarassia è destinato a trovare una vulnerabilità che si palesa nei suoi giorni quasi impercettibilmente, aprendosi un varco nella realtà dello spazio che occupa, nelle coordinate del mondo in cui si muove, e da cui scaturisce l’orrore che infine lo assale.

 

 
Nulla di soprannaturale, nel caso di Cloud, piuttosto una questione di rancore nutrito da quel web nel quale Ryosuke specula col nickname Retail, appunto, e che si trasforma in odio nella chat segreta in cui le sue vittime progettano la loro micidiale vendetta, da vendere in streaming ai clienti dello snuff da dark web. A equilibrare la partita, Kiyoshi Kurosawa mette sul versante opposto il giovane assistente di Retail, Sano, straordinaria figura di moderno ronin fedele al suo signore al di là dei suoi (de)meriti, che porta in dote alla storia il contrappeso offerto dalla società parallela della yakuza, ovviamente posta a garanzia del profitto al di là del bene e del male… Ago della bilancia di questo limbo sospeso tra valore e disvalore, Ryosuke è una sorta di corpo celibe che subisce l’oltraggio e la devozione, l’odio e l’amore (interessante anche la figura di Akiko, la sua ragazza), la morte e la resurrezione, in nome di una economia di scambio in cui il dare e l’avere sono l’unico valore aggiunto alla noia della vita.
La tensione che cresce nella seconda parte del film produce un senso di inquietudine che però, come sempre in Kiyoshi Kurosawa, non travalica mai la barriera del sentimento per diventare emozione: Cloud, come tutti i film di questo straordinario regista, è un oggetto speculativo, che lavora nella profondità del pensiero e nella materialità della riflessione. L’orrore che nutre è il frutto di una elaborazione morale delle azioni e delle reazioni, transita attraverso quel varco che i suoi personaggi immancabilmente aprono nella parete di contenimento del Male: sia esso naturale o soprannaturale, etico e dunque sociale o morale e allora esistenziale. Nel cinema di Kiyoshi Kurosawa l’ombra si allunga sul mondo inesorabilmente.