Monsters 2021 – Conquistati e conquistatori, l’inversa contaminazione in Los que vuelven di Laura Casabé

C’è sempre un mistero avvolgente nelle storie ambientate nell’umida e feconda foresta pluviale, un mistero precluso all’uomo bianco che può solo ammirarne l’impenetrabilità o la sua impervia bellezza. L’argentina Laura Casabè per il suo Los que vuelven lavora su questi capisaldi con il rispetto e la consapevolezza di volere situare il proprio lavoro in quell’impervio percorso che si divide tra horror, melodramma storico e cinema drammaticamente politico. Una collocazione non estranea al genere, anzi situata nella sua migliore tradizione che permette una interpretazione trasversale di ogni storia in cui il segno dell’horror intacchi la struttura narrativa. Il film argentino compone il palinsesto della terza edizione di Monsters, il festival tarantino che quest’anno, come accade dovunque, si potrà seguire online, ma in questo caso con registrazione gratuita. Le signore del male è il titolo di una delle sezioni della manifestazione dedicata al cinema horror femminile, più raro in termini numerici, ma affatto meno affascinante, anzi in verità spesso denso di una molteplicità di piani che lo rende ancora più accattivante. Una stratificazione che appartiene alle caratteristiche positive di questa terza opera della regista argentina. Se è vero che il male appartiene all’horror, è anche vero, quanto dice il direttore artistico della manifestazione Davide Di Giorgio che in questo genere il senso delle cose va inteso al contrario. L’horror genera per sua specifica natura una specie di lettura al contrario di ciò che è la normalità e così come il bene può diventare effettivo male, il male diventa forma di un bene oscuro e purificatore. La lettura dei segni lasciati da questi racconti deve diventare una sorta di canone inverso, una lettura allo specchio di ciò che vediamo sullo schermo.

 

 

Il film di Laura Casabé costituisce conferma esplicita di questa regola. La storia, in cui i vari elementi sanno convergere consentendo quel lavoro interpretativo a più livelli, restituisce spessore ai suoi temi e lo sguardo che la regista impone sa essere al tempo stesso limpido nel racconto e nella composizione di una trasparenza delle immagini, ma anche torbido in quella sottile accondiscendenza ad una sensualità innata dentro una natura così accesa. È in questo clima che, sullo sfondo di un racconto che sembra andare nella direzione di un mistero celato tra le mangrovie della foresta, le tensioni del film finiscono per orientare la principale interpretazione su un versante più strettamente politico, in cui i due estremi della questione riguardano le controverse e drammatiche relazioni tra conquistatati e conquistatori. Il genere horror diventa anche in questo film, dunque, terreno fertile per fare attecchire le riflessioni sui tragici esiti di quelle vicende che hanno segnato le storie recenti di tutti quei popoli e che ancora oggi si ripercuotono con violenza sui luoghi e sui suoi abitanti. La protagonista del film è Julia, una ricca possidente con un marito violento. La sua donna di servizio, la silenziosa Kerana è una indigena, custode di riti segreti che appartengono alla cultura di quei popoli, rituali e consuetudini che hanno a che fare con il demoniaco e con la possessione che tutto può. Julia aspetta un figlio e quando nascerà morto si rivolgerà a Kerana, ma incombe la tragedia ed è così che lo spirito della donna prima asservita, diventerà perfido, misterioso e desideroso di vendetta.

 

 

Un horror malefico e subdolo quello firmato dalla regista argentina, che già nei suoi due precedenti film aveva lavorato sul versante del fantastico. La bellezza selvatica dei luoghi – il film è girato nella foresta pluviale di Misiones, una regione estesa che dal Brasile, passando per il Paraguay, arriva fino all’Argentina – esaspera i sentimenti dei personaggi e il male che domina, come preordinata vendetta sui conquistatori, sembra acquattarsi nel fitto della foresta. La regista lavora su queste suggestioni con mirate inquadrature dal basso nella scenografia naturale di una spettacolare cascata, che diventa luogo in cui sembra addensarsi il mistero di un male che torna sotto le sembianze umane di chi è stato assassinato, solo per restituire una vendetta di sangue. In questo scenario in cui la natura maestosa e impenetrabile, incomprensibile alla lettura del conquistatore bianco, sembra accrescere il dominio sulle vicende umane, sembra anche e soprattutto dare luogo a quella inversa contaminazione di culture in cui il predominio della tradizione ancestrale sconfigge l’arroganza dei conquistatori, quelli stessi che hanno sterminato gli indigeni, pronti a deridere i silenzi della giovane domestica discendente proprio da quelle popolazioni.

 

 

Il cinema di Laura Casabé, per sua esplicita ammissione, ha assorbito l’insegnamento di Romero e dei suoi zombie politici. La regista adatta alle sue corde quell’insegnamento dimostrando di averlo perfettamente assimilato, poiché senza ricalcare i temi e i personaggi, costruisce un film in cui restano ferme le direzioni interpretative, mutando ogni altro elemento compositivo a cominciare dall’utilizzo sapiente degli scenari naturali. Casabé rimette in discussione la sua stessa cultura, facendo del cinema horror uno strumento con il quale lavorare non soltanto sui sentimenti, ma sulla storia così controversa, laddove le forze oscure di una terra che diventa solo terreno di preda sembrano riemergere per proteggere sé stesse e le popolazioni che le hanno fino ad allora rispettate e a loro volta protette. Los que vuelven ripete quindi, anche nel titolo, quell’assonanza con il genere che con altrettanta sapienza femminile, la regista sa utilizzare anche in relazione al tema della maternità come legame invincibile dove sperimentare la solidarietà quasi segreta che corre tra le due donne. Se è vero che quelli ritornano, è anche vero che nel film ritorna la struttura fondante del genere, che vuole vedere soddisfatta quell’inversione necessaria tra ciò che è bene e ciò che è male. Un’inversione tale da scardinare ogni attesa, da sconvolgere ogni legame naturale. Anche qui, quelli che tornano sono le forze oscure (e demoniache) che contaminano, o meglio assorbono, per divorarla, la cultura arrogante di ogni conquistatore, una inversa contaminazione che diventa letale e definitiva. Laura Casabè sa mostrare questo infido e vendicativo processo e il suo melodramma storico si tinge del rosso del sangue, mostrando le ferite di un’intera discendenza tradita e depredata.

 

 

La terza edizione di Monsters Taranto Horror Film Festival si tiene eccezionalmente online dal 19 al 21 marzo sul sito www.monsterstarantohorror.stream, dove è possibile vedere gratuitamente tutti e 22 i film in programma e seguire gli incontri con alcuni dei protagonisti della scena horror contemporanea. Link:
https://www.monsterstarantohorror.stream/film/los-que-vuelven-the-returned/