Un secolo di Welles

Per celebrare il centenario della nascita di Orson Welles riproponiamo stralci da interviste rilasciate nel 1965 ai Cahiers e nel 1966 a Sight and Sound.

 

93456-004-A20B3556La  ricerca

Io credo pensando ai miei film, che siano imperniati non tanto sul conseguimento di qualcosa, ma piuttosto sulla ricerca. Se noi cerchiamo qualcosa, il labirinto è il luogo più adatto alla ricerca. Non so perché, ma i miei film sono tutti, in gran parte, una ricerca fisica. Io rifletto sui miei film mentre li preparo. Per ogni film faccio un’enorme quantità di preparativi, che metto da parte solo nel cominciarli. Quel che è meraviglioso nel cinema, che lo rende di gran lunga superiore al teatro, è che possiede molti elementi che possono sovrastarci ma anche arricchirci, offrendoci una strada che non troviamo altrove. Il cinema deve sempre essere la scoperta di qualcosa. E credo che il cinema debba essere essenzialmente poetico. Per questo nel corso delle riprese, e non nella fase di preparazione, cerco di innescare un processo poetico che differisce dal processo narrativo o dal processo drammatico. In realtà sono un uomo pieno di idee…

 

Arte e realtà

I miei film non corrispondono mai al progetto iniziale. Cambio frequentemente idea. All’inizio ho una nozione di base del film. Ma ogni giorno, ogni istante, questa nozione è deviata dall’espressione degli occhi di un’attrice, dalla posizione del sole. Non ho l’abitudine di progettare un film e di mettermi al farlo. Quando preparo un film non ho l’intenzione di fare questo film. La preparazione ha lo scopo di liberarmi perché possa lavorare a modo mio: per pensare a dei brani di film  e al risultato che daranno; ci sono delle parti che mi deludono perché non le ho concepite complete (….) Se giro in un luogo splendido, io sento evedo questo luogo in modo così violento che poi, quando rivedo questi posti, sono come tombe, completamente morti. Ci sono dei posti al mondo che sono per me dei cadaveri, e questo perché laggiù ho già girato: ai miei occhi sono completamente finiti. C’è una frase di Jean Renoir a questo proposito: dobbiamo ricordare agli uomini che un campo di grano dipinto da Van Gogh può essere più appassionante di un campo di grano vero. L’arte supera la realtà. Il film diventa un’altra arte.

 

I miei registi 

Il cinema, quello vero, è espressione poetica. E Renoir è uno dei pochi poeti. Come Ford lo è nel suo stile. Ford è un poeta, un paladino. Non delle donne, naturalmente, ma degli uomini. Più di tutti mi piace Griffith. Penso che sia il miglior regista della storia del cinema. Il migliore, molto migliore di Ėjzenštejn. E tuttavia ammiro molto Ėjzenštejn.

 

9892-1-ev_signora_shangaiAIl dialogo

Comincio sempre dal dialogo. Non capisco come si possa scrivere l’azione prima del dialogo. Si tratta di una concezione molto strana. Solo in teoria la parola è secondaria nel cinema. Il segreto del mio lavoro è tutto nella parola. Non faccio del cinema muto. Devo cominciare da quel che dicono i personaggi. Devo sapere quel che dicono prima di vederli agire. La parte visiva è essenziale ma non potrei arrivarci senza la parola, l’unica base per costruire le immagini. Succede che dopo avere girato le immagini le parole si offuschino. L’esempio più classico è La signora di Shanghai. La scena dell’acquario era così avvincente a vedersi che nessuno capiva quanto veniva detto. Eppure in quelle parole c’era tutto il film.

 

Cinema come movimento11287-1

Ritengo che il cinema debba essere dinamico. Per me è una porzione di vita in movimento che viene proiettata su uno schermo, non un quadro fisso. Per questo non sono d’accordo con i registi che si accontentano di un cinema statico. Per me sono immagini morte. Sento dietro di me il ronzio del proiettore e quando vedo queste lunghe passeggiate per le strade, aspetto sempre che la voce del regista dica: “tagliate!”. John Ford è l’unico regista che riesca a farmi credere nei suoi film benché ci sia poco movimento. Gli altri invece cercano disperatamente di fare dell’arte. Invece dovrebbero fare del dramma: è pieno di vita. Il cinema, per me, è un mezzo essenzialmente drammatico.