Baz Luhrmann: Elvis è una storia shakespeariana

Il sesto film di Baz Luhrmann – presentato fuori concorso al Festival di Cannes – è un biopic incentrato sul complesso rapporto tra Elvis Presley (interpretato da Austin Butler) e il colonnello Tom Parker (Tom Hanks), suo manager per oltre vent’anni, che ne ripercorre la vita dalla nascita in un quartiere di neri che influenzò il suo modo di fare musica alla fama mondiale, passando per l’amore incondizionato per la madre e la relazione con la moglie Priscilla (Olivia De Jonge).

 

 

 

Un film per il cinema

È un film per le sale cinematografiche, lo abbiamo fatto con lo scopo di portare la gente al cinema e l’ovazione che abbiamo ricevuto a Cannes è stata sia per il film ma anche per questa idea che lo accompagna, ovvero tornare al cinema. Qui eravamo in una sala piena di persone che amano il cinema… Cannes dopo avermi salvato una prima volta, trent’anni fa quando il mio primo film venne selezionato (Ballroom è stato presentato nella sezione Un Certain Regard del 45° Festival di Cannes, ndr) lo sta facendo una seconda volta.

 

Perché Elvis

Sono un grande ammiratore di storie con personaggi sheakespeariani. Uno dei miei film preferiti da ragazzo era Amadeus di Milos Forman: questo film parla di Mozart o della relazione tra il compositore e Salieri? Salieri dice: Ho fatto tutto quello che potevo, ma il talento è questo grottesco Mozart ad averlo e quindi è incentrato sulla gelosia. Ho voluto parlare della vita di Elvis con rispetto, ha molti fan, e volevo mostrare che è un’espressione dell’America degli anni 50-60-70 e la relazione tra lo show e il business: avendo fatto lunghe ricerche inaspettatamente ho imparato molto su Elvis come persona ed è qualcosa che mi rimarrà attaccato addosso tutta la vita, l’ho visto da un punto di vista completamente diverso.

 

 

 

L’ambiente in cui si cresce

Voglio rendere omaggio alla mia squadra, non lavoro mai solo e quando si tratta di fare delle ricerche ho delle persone che lavorano con me. Andiamo sul posto, in questo caso Memphis, dove abbiamo vissuto. Qualunque cosa faccia il personaggio lo facciamo anche noi. Facciamo molta ricerca sul campo, così abbiamo scoperto che Elvis e sua madre erano così poveri che non hanno altra scelta che vivere in una catapecchia del quartiere nero. Elvis assorbiva tutto quello che c’era da assorbire ed è diventato un genio del country. Nel film abbiamo cercato di mostrare come un ragazzo che cresce in una comunità è condizionato dall’ambiente che lo circonda, quindi la musica di Elvis è una musica che ha assorbito con musicisti neri straordinari che non erano ancora celebri. Il suo amore per il gospel era genuino. Il giorno in cui morì aveva cantato gospel fino al mattino, è la musica in cui si sentiva a suo agio, in sicurezza. È molto importante mostrare cosa vivono dei ragazzi quando crescono e assorbendo ciò che c’è nel contesto in cui sono riescono a creare cose nuove. Come ha detto Elvis: «Non ho mai inventato il rock’n roll, ho semplicemente dato una svolta al rock. Non chiamatemi il re, non canterò mai bene come B.B. King». Si può dire quel che si vuole, ma Elvis era una persona sensibile e profondamente spirituale.