film : Turista per caso nella foto : William Hurt titolo originale : The Accidental Tourist genere : drammatico, romantico regia : David Byrne

William Hurt: il brivido dell’attore perfetto

Brivido caldo

Il grande William Hurt è morto lo scorso 13 marzo a 71 anni. Credo che Turista per caso di Lawrence Kasdan (1988, foto in apertura) sia uno dei migliori film americani di quel decennio e una specie di vademecum dell’ottimo attore. Non però l’interprete mimetico, fedele al Metodo e che peraltro proprio a quel giro vinse agli Oscar (nella fattispecie Dustin Hoffman per Rain Man, ma poteva essere qualcun altro) dove troppo spesso viene premiato l’overstatement e non ci si accorge del resto. William Hurt va oltre la sottrazione, il suo personaggio sta malissimo dentro, hai voglia a far percepire la disperazione solo attraverso una postura, o uno sguardo, per non parlare del tono di voce (in originale). Non conoscevo la gavetta di Hurt. Al cinema ha esordito a 30 anni, nel 1980, in Stati di allucinazione di Ken Russell ma prima, per oltre un decennio, si è dedicato al teatro con la Circle Repertory Company di New York, della quale è rimasto socio fino al 1989, ben oltre il successo internazionale. A studiare e lavorare con lui colleghi come Kathy Bates, Laurence Fishburne, Ed Harris, Joan Allen, tutta gente non consacrata a Stanislavskij come all’Actors Studio. Non è una gara, naturalmente, solo una scelta d’approccio e una capacità di fare aderire il personaggio al proprio stile, e non viceversa. Pensate a un altro ruolo magnifico di Hurt, quello del giovane avvocato Ned Racine in Brivido caldo (1981, il primo di Kasdan da regista). La storia sembra un po’ quella di La fiamma del peccato ma non viene presentato spaccone e abbindolabile come Fred MacMurray, anzi quando incontra Kathleen Turner sul lungomare pare lui il più brillante, se la lascia quasi scivolare addosso.

 

Il bacio della donna ragno

 

Il suo unico Oscar l’ha vinto per Il bacio della donna ragno di Hector Babenco (1985), un grande successo allora (ma chissà com’è rivisto oggi) con sceneggiatura di Leonard Schrader (il fratello di Paul). Hurt è il prigioniero omosessuale perseguitato in una dittatura sudamericana senza nome, un ruolo irto di trappole tutte evitate. Altra nomination per l’anchorman di Dentro la notizia: buona presenza, ambizioso, un po’ vanesio. Qui Hurt dà prova di saper gestire bene anche il registro brillante, il film è una commedia di James L. Brooks. Negli Stati Uniti diventata di culto tanto da essere conservata nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso, la loro cineteca nazionale per intenderci, dove i titoli che hanno avuto questo onore sono in tutto meno di 700. Negli anni 90 è lo scrittore inventato da Paul Auster per Smoke (1995) a farlo tornare sugli scudi: una parte molto sua, quella appunto di un autore di libri che a causa di un lutto ha perso ogni creatività e rischia di diventare, pure qui, uno scrittore per caso… Un po’ deludente in La peste di Luis Puenzo da Camus ma la colpa non è di Hurt casomai di Puenzo che, come scrive il Mereghetti, «trasforma attori altrove bravi in manichini inespressivi». Se lo citiamo è perché su quel set conosce e si innamora di Sandrine Bonnaire, i due avranno una figlia nel 1994, Jeanne, e annunceranno la loro separazione nel 1997. Rimanendo però molto legati: Hurt con una residenza anche a Parigi e lei continuando a frequentarlo anche professionalmente. Sarà il protagonista del suo esordio da regista nel 2012, J’enrage de son absence, che non è male per niente e lui naturalmente bravissimo. Ruoli minori negli ultimi anni, ma spesso per riaccendere l’antica scintilla di un talento unico sono bastati pochi minuti. Ad esempio dieci in A History of Violence di David Cronenberg, dove è uno spietato boss dell’Irish Mob fratello di Viggo Mortensen. Altra nomination all’Oscar come non protagonista, ma lo vince George Clooney per Syriana.

 

A History of Violence