Sotto la coltre delle giornate comuni, nella penombra della vita criminale a grado zero, quella che striscia lungo le pareti della quotidianità, nei parchi ai piedi dei caseggiati popolari, periferie dell’anima urbana che tengono insieme storie di amicizia e rivalità , apparentamenti familiari e legami di gang. Entroncamento, l’opera seconda del portoghese Pedro Cabeleira (vista nella selezione Acid di Cannes2025), è un film che si muove in questi interstizi, frequentando i luoghi del gangster movie con un approccio un po’ minimalista, smussando gli eccessi drammaturgici anche quando lavora faccia a faccia con gli schemi classici del genere. Sgarri, regolamenti di conti, agguati, inseguimenti: c’è tutto, ma il film lavora questi elementi smussando le punte, cercando l’approccio realistico piuttosto che quello estetizzante, senza (anti)eroi in pose plastiche. Entroncamento è una municipalità del Medio Tago con una altissima densità demografica, esplosa negli anni ’80: Pedro Cabeleira ci è nato all’inizio del ’90, è cresciuto in quei luoghi mentre la popolazione cambiava, ne conosce le ombre e le penombre.
Dopo il tuffo tossico nella Lisbona di Verão danado, il suo primo film premiato a Locarno in cui si spingeva nella deriva esistenziale fuori sede di una generazione senza troppe prospettive, questa volta Cabeleira sceglie la strada del cinema di crimine per raccontare più o meno gli stesso smarrimenti, le medesime attese perse, le fragilità vestite di sicurezza di una gioventù tutto sommato fragile. La mean street di Entroncamento in cui i protagonisti del film si perdono è quella di una speranza di riscatto nel basso: il colpo gobbo ai danni del poliziotto corrotto, la partita di erba da smerciare facilmente, uno sgarro da regolare, un furto maldestro in una casa… C’è Laura che tira di boxe e con un’altra ragazza d’ombra come lei cerca di farsi valere in una scena di quartiere agitata da conflitti di gang che sono anche conflitti razziali. C’è un gitano che si fa sottrarre una partita di erba e cerca una strada per ripagare il fornitore e rifarsi dei ladri. E allora: inseguimenti, agguati, fughe, vendette…
Cabeleira segue i rivoli di queste storie già troppe volte dette e filmate non per enfatizzare la mitologia gangsteristica, ma per osservare le mezze tinte caratteriali, le paure, le insidie dei sentimenti repressi, le lacrime da identità calpestata, la paura negli occhi persi nelle facce indurite. Non che Entroncamento sia un film sentimentale, esattamente come Verão danado non era certo un tardo coming of age: Cabeleira ha una capacità tutta sua di lasciar smarginare le sfilacciature dei sentimenti nella scena indurita dei suoi personaggi. Li affianca con attenzione ma non cerca di rivelarne le emozioni più di quanto cerchi di mascherarne le debolezze. Come già nel suo primo film, anche qui si affida alla fotografia di Leonor Teles per cercare cromatismi d’ombra che smarginano nella visione plastica della realtà, senza mai tradirla davvero. Il lavoro d’accompagnamento sugli interpreti è pulsionale e diretto, funzionale alla coralità della trama complessiva, che non perde mai il contatto con le singole storie.