L’ardito e punk: a Rotterdam54 Fiume o morte! di Igor Bezinović

Provocatoriamente punk, mortalmente serio ma surrealmente esilarante… La triangolazione è ardita, come ardito (ardimentoso si sarebbe detto all’epoca…) era, almeno nelle ambizioni, il gesto del Vate che vi si rievoca: la definizione è dello stesso Igor Bezinović, regista fiumano che nella attuale Rijeka croata ci è nato e probabilmente ci vive, di sicuro la racconta nella sua trama storica più complessa e drammatica, quella scritta da Gabriele D’Annunzio al grido di Fiume o morte!, che poi è il titolo del suo film, visto a Rotterdam54 nella Tiger Competition. Documentario strappato a immagini d’epoca e a una ricostruzione storica che abbozza un improprio reenactment nelle strade di Rijeka, tra la gente che, un po’ in costume e un po’ in abiti quotidiani, reinterpreta figure e gesta dell’impresa dannunziana, occupazione e liberazione, battaglie e saccheggi… La narrazione è strettamente in mano a Igor Bezinović, che governa l’impianto sfasato di un documentario che vibra di pulsioni, emozioni, ironia, una vaga rabbia sotterranea ormai sopita nella distanza storica: a Rijeka molti, i più giovani, non sanno chi sia D’Annunzio, se non vagamente, ma non mancano tanti che invece lo sanno bene e lo ricordano con fermezza. Bezinović chiama una pletora di controfigure calve a interpretare D’Annunzio, in una staffetta surreale di disincarnazione del mito del Vate. Alla stessa maniera la narrazione passa di voce in voce, affidata però al dialetto fiumano con una determinazione identitaria che del resto è la pulsione primaria del film.

 

 
Che è un’opera che irride a ogni irredentismo, così come non prende sul serio le questioni di bandiera, le linee di confine, lo spirito di patria: più che altro si tratta di guardare in faccia la vita delle persone e dei luoghi e ricostruire il destino subito da una città sospesa tra più lingue e terre e strattonata tra ambizioni visionarie e poetiche e politiche, trattati di pace, venti di guerra, tempeste diplomatiche, decisionismi e indecisioni. La ricostruzione degli eventi fa da linea narrativa e va detto che, nonostante la forma frastagliata e il piglio disinvolto, arriva alla meta: in maniera disordinata e scomposta, ma infine efficace e precisa. Effetto non didascalico, ma didattico sì: anzi, lo si consiglia per visioni scolastiche… L’ironia con cui maneggia il carisma storico di Gabriele D’Annunzio non è esente da una certa angoscia dinnanzi al potere premonitore del fascismo, la prepotenza del gesto che scaraventa il rispetto per le terre e le popolazioni al di là delle barriere e dei confini, la pulsione orgiastica del potere che banchetta con la libertà delle genti, le connivenze, le paure, le ritirate strategiche, gli stati che non prendono decisioni…

 

 
Sarà un caso, ma i fronti che bruciano oggi tra Ucraina e Palestina sembrano lo specchio in cui si riflette la storia di Fiume/Rijeka e guardare al film con il pensiero rivolto ad essi aiuta a vederlo ancora di più in maniera drammatica, attraversando tutta l’ironia di cui si veste. Il ritmo è pieno, l’alternanza tra materiali d’archivio, rivisitazioni d’oggi dei luoghi dove si svolsero gli eventi, la posa in costume degli abitanti di Rijeka che accettano di stare a un gioco che ha un valore identitario non indifferente: tutto insieme rende Fiume o morte! un film agile, libero ma determinato e preciso, chiaro nel suo intento e utile nelle sue intenzioni, che sbeffeggia il Fascismo di ieri e i fascisti di oggi, li ridicolizza come meritano ma ne mostra anche la pericolosa protervia, l’ingombrante stupidità e la febbricitante ambizione.