Nel nome del padre: Padrenostro, di Claudio Noce

Gli anni di piombo, nel cinema italiano, sono (quasi) sempre stati un interessante spunto narrativo per raccontare non solo il buio di quell’epoca, ma soprattutto la nebulosa polvere che ancora oggi appanna i nostri occhi. Claudio Noce parte proprio da qui, da questo medesimo concetto in un film che vuole provare a indagare le conseguenze del clima di tensione che attanagliava il nostro Paese. Eppure Padrenostro (in concorso) è ambientato nel 1976, quindi si fa forte di un punto di vista coraggioso per raccontare gli effetti calando la storia proprio nel momento in cui questa prende corpo. Il tutto diventa ancor più stimolante perché il film sposa lo sguardo di un bambino e di chi quelle vicissitudini le ha vissute non in prima linea, ma come testimone oculare ed emotivo. Valerio è un ragazzino che vedrà un gruppo di terroristi attentare alla vita di suo padre (un noto magistrato che vive sotto scorta) fortunatamente senza centrare l’obiettivo. Superata la paura però, il ricordo dell’episodio e la costante tensione che si respira in famiglia non possono far altro che turbare l’infanzia del ragazzo. L’incontro con un giovane di poco più grande di lui potrebbe distendere i toni di quei giorni e far tornare la serenità.

 

 

La storia è tratta dall’esperienza personale del regista (suo padre Alfonso, vicequestore, fu ferito in un attentato dei Nuclei Armati Proletari nel 1976) e la sfida di raccontare quegli anni attraverso i ricordi e le emozioni non di un semplice bambino, ma di chi bambino a quell’epoca lo è stato per davvero, rende il progetto estremamente affascinante: le generazioni, il senso di colpa, le conseguenze e l’innocenza perduta potrebbero essere tutti pilastri fondanti di un film ambizioso e caldissimo ma che purtroppo perde presto il controllo a causa di un unico motivo. Se Noce ha infatti pensato di lavorare al film come se fosse una lettera aperta nei confronti di suo padre, se ha deciso di restituire sul grande schermo emozioni e ricordi da lui vissuti in prima persona per dar voce a una moltitudine nascosta di piccoli testimoni oculari, non è riuscito a calibrare a dovere la misura del suo cinema.
Padrenostro è un film barocco e ridondante. Un calderone di trovate autoriali che tolgono respiro al racconto e risultano così invadenti da nascondere completamente il valore del tema. Ralenti, plongée, sequenze musicali e simbolismi sono gli ingredienti di cui si ciba il film, in un confuso e (anche) per questo intricato labirinto emotivo che antepone la propria forma alla sincera e appassionante sostanza. Peccato.