Nel 2022 Bono ha deciso di raccontarsi, di esporre la sua anima, ed è andato in tour da solo con lo spettacolo teatrale Stories of Surrender: An Evening of Words, Music and Some Mischief che si basa sulla biografia Surrender: 40 canzoni, una storia . Un pugno di date in giro per il mondo, da Parigi a New York, una serie limitata di una ventina di live, spettacoli per pochi fortunati che hanno potuto partecipare a questo viaggio intimo e sincero, dove Bono ha condiviso numerosi aneddoti di vita. C’è tutto: dalla descrizione del suo intervento chirurgico a cuore aperto del 2016 (“sono nato con con una malformazione cardiaca”) ai racconti sulla band, che inizialmente si chiamava The Hype; dal rapporto totalizzante con la moglie al ricordo della madre che ha perso da ragazzo, dall’impegno umanitario al rapporto con la fede cattolica…Al suo fiano durante il tour c’era Andrew Dominik (L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Robert Ford, Blonde) che firma Bono: Stories of Surrender, un documentario (in arrivo su Apple Tv+ dal prossimo 30 maggio) che è una riuscita incursione nel cuore del tour.
Una nuova Europa
Ritengo quasi poetico e miracoloso essere a Cannes con il mio Bono: Stories of Surrender. Sul film ho ricevuto consigli e apprezzamenti da amici fraterni come Sean Penn. Sono davvero orgoglioso che questo piccolo film sulla mia famiglia e sugli inizi degli U2 venga proiettato prima di tutto in Europa. Sono preoccupato di quello che accade, del fatto che nella mia vita non avevo mai visto un momento peggiore con una guerra mondiale che potrebbe essere alle porte. Come europei ci sentiamo un po’ abbandonati dagli Stati Uniti che sembrano alla ricerca di una nuova identità. Il nostro continente ha la grande occasione di mostrare unità di intenti e solidarietà. Dobbiamo affrontare gli spiriti animali, il nazionalismo che cresce, la non violenza sembra ridicola in questi tempi ma ancora oggi è l’unica strada percorribile. Bisogna tornare sventolare bandiera bianca…
Arrendersi…
Quando decidi di aprirti davanti al pubblico è un po’ come essere nudi davanti a tutta la scuola… Lo dico con il titolo: per poter vivere bisogna arrenderi e poi tentare di ripartire. Fin da piccolo ho sempre tenuto la guardia alta. Ho dovuto imparare ad abbassarla, per lasciarmi vedere, mostrare le versioni di me che avevo sempre nascosto. Lasciare che le persone entrassero nella mia storia. Per questo nel film c’è così tanto su mia moglie, su mio padre che mi diceva: sei un baritono che si crede un tenore. E aveva perfettamente ragione, era una descrizione accurata. Quindi, trasformarmi in lui alla fine del film, è stato un grande momento di liberazione per me, il mio modo di dire: grazie per la voce che mi hai dato. Quando se n’è andato, qualcosa si è liberato in me, di sicuro. E qualcosa è cambiato nella mia voce…
Io e Luciano
Con Luciano Pavarotti è sbocciata un’amicizia incredibile. Nella mia vita ha portato tante risate, ridevamo molto, passare tempo con lui era stimolante e divertente. Con tutti quelli che aveva intorno era molto democratico e inclusivo. Da giovane aveva una voce purissima, ma la sua grandezza la percepivi anche nella sua capacità di comunicare. Non si è mai abbandonato ad acrobazie cercava sempre l’emozione più autentica.