Sensibilità a latere, sentimento di esclusione, percezione dei margini del vivere: Chie Hayakawa è una regista che si muove nella società iperproduttiva giapponese guardando a ciò che sta fuori dal ciclo sociale. Lo aveva già dimostrato con la sua opera prima, Plan 75, menzione speciale della Camera d’Or 2022, la ritroviamo ora in Concorso a Cannes78 con il suo secondo film, Renoir, in cui torna a guardare il mondo attraverso i legami familiari, le relazioni tra generazioni, le sospensioni tra la vita e la sua fine. Se in Plan 75 lo scenario si spinge in un futuro distopico, in cui si accompagnano gli anziani verso un gentile suicidio assistito in alleggerimento della società dal loro peso improduttivo, in Renoir la regista torna agli anni ’80 in cui è cresciuta per raccontare la storia di Fuki, una ragazzina di 11 anni sospesa su una realtà ipersensibile, alle prese con un padre malato terminale ricoverato in ospedale e una madre vanamente in carriera che cerca di guardare la vita che le resta con un pragmatismo un po’ ingenuo. Fuki invece è una sognatrice, guarda il mondo con occhi curiosi, sensibili e anche scaltri, convinta di avere poteri telepatici e perennemente in cerca di quelle attenzioni che a casa le mancano.
Nei suoi giorni ci sono le ore di lezione, le visite a casa dell’amica più agiata, le ore trascorse in ospedale con il padre e quelle trascorse con la madre distratta tra il lavoro e le attenzioni del giovane psicologo di cui s’è inutilmente invaghita. Fuki affronta con lo spirito della sua fantasia la solitudine che in realtà attanaglia le sue giornate, fugata grazie a una curiosità che la porta a rischiare di cadere nella trappola di un giovane pedofilo più solo di lei, conosciuto in un servizio di segreteria telefonica per incontri al buio. Chie Hayakawa crea una tessitura visiva e drammatica che lavora in profondità sentimentale e in trasparenza emotiva. La realtà è colta attraverso lo sguardo curioso della piccola protagonista, che lascia vibrare sulle persone che incontra e nei luoghi che attraversa una luce vivida e profonda che rimanda a quel Renoir del titolo, la riproduzione del cui Ritratto di Irene Cahen d’Anvers la piccola Fuki mette non a caso nella sua cameretta.